“Come facette mammeta”: la canzone nata dal cameriere che serviva ai tavoli


In piazza del Plebiscito, proprio di fronte al celebre Gambrinus, alla fine dell’Ottocento nacque il Caffè Turco. I più illustri esponenti della cultura napoletana si dividevano tra questi due locali che incarnavano in pieno lo spirito autentico della Belle époque napoletana. Mentre il primo prese da subito le sembianze di caffè letterario ed esiste ancora oggi, il secondo, situato al pian terreno di palazzo Salerno, era più conosciuto per gli spettacoli di varietà. Dopo aver cambiato nome nel 1911 in Caffè Tripoli, chiuse definitivamente nel 1932 e fu trasformato in un circolo per gli ufficiali dell’Esercito. Prima che chiudesse, all’antico Turco serviva ai tavolini un ragazzo che con il tempo diede vita ad alcuni dei capolavori della musica napoletana: Giuseppe Capaldo. Se questo nome non vi dice nulla, soffermatevi un attimo sui classici “ ‘A tazza ‘e cafè” ed “Ellampadine”, e capirete l’importanza di questo giovane.

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Ma se non vi ricordate neanche di questi titoli non potrete non canticchiare un simpatico motivetto leggendo queste frasi: “Quanno mámmeta t’ha fatta, quanno mámmeta t’ha fatta…Vuó sapé comme facette? Vuó sapé comme facette?..” Ebbene sì, Capaldo, insieme con Salvatore Gambardella, fu anche l’autore di “Comme facette mammeta”, canzone del 1906, seconda classificata al Festival di Piedigrotta dello stesso anno. Ma se questo grande capolavoro fu la prima composizione di Capaldo, Gambardella aveva all’attivo molti più successi. Iniziò a lavorare come garzone nella bottega di ferramenta di Vincenzo Di Chiara, considerato uno degli esponenti della canzone napoletana più conosciuti nel mondo, il quale assecondò la sua passione per la musica introducendolo negli ambienti teatrali napoletani e facendolo partecipare come comparsa agli spettacoli del teatro San Carlo. Dopo essere stato allievo del compositore Achille Longo, insegnante del conservatorio di San Pietro a Majella, il giovane collaborò con numerosi artisti quali Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo scrivendo diverse opere: da “’E trezze ‘e Carulina” e “Raggio ‘e sole” a “Lili Kangy” e “’A sciantosa”. Fu proprio l’incontro con Capaldo a regalare a Napoli uno dei testi più celebri della canzone umoristica partenopea.

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“Come facette mammeta” de I Due Corsari

Oltre ad essere interpretata da Antonietta Rispoli a “L’Eldorado”, stabilimento balneare e café chantant situato nel quartiere di Santa Lucia, “Comme facette mammeta” diventò il cavallo di battaglia di Elvira Donnarumma, prima vera vamp dello spettacolo. E fu proprio grazie alla cosiddetta “capinera napulitana”, una delle interpreti napoletane più famose degli inizi del Novecento, che questa canzone raggiunse un successo nazionale. Con il passare del tempo sono stati numerosi gli artisti, napoletani e non, che si sono cimentanti con questo brano, inno alla bellezza, all’amore e al sesso. Tra tutti come dimenticare le versioni di Claudio Villa, Massimo Ranieri, Renzo Arbore, Gabriella Ferri e Ricky Gianco. Perfino I Due Corsari, duo musicale formato da Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, ne fecero una cover in versione rock’n roll nel 1960. Chiamarono così anche l’apposito 45 giri flexy disc pubblicato dalla casa discografica The Red Record come allegato alla rivista musicale, fondata un anno prima, “Il Musichiere”. Oltre a “Comme facette mammeta”, I Due Corsari incisero un secondo flexy disc intitolato “Non occupatemi il telefono”.

Fonti: Paolo Jannacci, “Aspettando al semaforo”, Milano, Mondadori, 2011

Ottavio Nicolardi, “Napoli: quattro passi al sole”, Edizioni Zeta, 1960

Gino Castaldo, “Il dizionario della canzone italiana”, Roma, Armando Curcio, 1990


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