La leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso: i padri di mafia, camorra e ndrangheta


La nostra leggenda affonda le sue radici a Toledo, nella Spagna del XV secolo, sede di un’associazione cavalleresca denominata la Garduna, fondata nel 1412. Il racconto è incentrato sulla vicenda di tre fratelli membri di questa società: Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Questi cavalieri agivano seguendo un preciso modello comportamentale ed avevano una loro legge morale.

Un giorno, l’onore della sorella dei nostri protagonisti venne oltraggiato da un uomo. I tre fratelli, desiderosi di vendicare la violenza subita dalla loro consanguinea, stabilirono che l’offesa subita sarebbe stata lavata col sangue dello sciagurato. Consumato il delitto, vennero riconosciuti colpevoli di omicidio e condannati a scontare una lunga prigionia nella lontana isola di Favignana, territorio all’epoca appartenente alla corona aragonese.

La piccola isola delle Egadi fu la dimora dei tre uomini per quasi trent’anni. Dopo quel soggiorno forzato sul suolo siciliano i fratelli risultarono profondamente cambiati; invece di pentirsi e rimboccare il sentiero della galanteria cavalleresca, la violenza, che li aveva portati ad uccidere un uomo a sangue freddo, si radicalizzò in modo definitivo nelle loro anime. Nessuno sa dire cosa realmente sia successo, ma leggenda vuole che i tre cavalieri fossero diventati, di fatto, uomini nuovi, depositari di conoscenze, saperi ed usanze particolarissimi.

Il fil rouge che collegava questi elementi, apparentemente incomunicabili tra loro, erano l’onore e l’omertà. La storia si conclude con la separazione dei tre fratelli. Osso decise di restare in Sicilia per divenire il fondatore di Cosa Nostra. Mastrosso, superato lo stretto di Messina, giunse sul continente e si stabilì in Calabria dove gettò le basi per la creazione della ‘Ndragheta. Carcagnosso invece continuò la sua risalita lungo lo stivale italico per fermarsi in Campania ove diede vita alle primordiali strutture malavitose dalle quali discenderà la Camorra.

Evidenti sono i richiami in questa storia all’epica cavalleresca ed alle sue principali peculiarità. L’onore, un determinato codice etico e comportamentale, il forte legame verso la religiosità. Tutte caratteristiche che le mafie sostengono di possedere, nello squallido tentativo di legittimare le loro opere e di conferire alla loro stessa storia lustro ed importanza. Questa leggenda, infatti, è stata spesso utilizzata con l’intento di certificare un’origine antica e quindi “autorevole” delle principali organizzazioni di criminalità organizzata presenti nel nostro paese.

Pericoloso e fuorviante è lo sforzo di nobilitare la nascita delle mafie con tanto di alberi genealogici plurisecolari e sedicenti antenati leggendari dai quali ostentare discendenze ed eredità spirituali. Se è giusto scindere questo racconto dal tentativo di mitizzare e di rendere quindi giustificabile la presenza di tali pericolose compagini nella nostra società, diviene altrettanto doveroso prendere le distanze da tutte le mafie e condannarle senza appello.

Fonti:
– “Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Immagini, miti e misteri della mafia”. Ciconte Enzo, Forgione Francesco, Macrì Vincenzo (Rubbettino, 2010).


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