Nino D’Angelo: il caschetto biondo che ha conquistato Napoli


Napoli – Le sue canzoni non sono, probabilmente, da annoverare fra le opere migliori della musica napoletana, ma non c’è napoletano che non le conosca e non le sappia canticchiare. Nino D’Angelo, che si ami o si odi, resta il simbolo di una generazione con il suo caschetto biondo e sicuramente merita di essere incluso fra gli artisti che hanno fatto la storia della nostra terra.

Gaetano D’Angelo nacque il 21 giugno del 1957 a San Pietro a Patierno, nella periferia nord di Napoli, in una famiglia con gravi problemi economici: primogenito di sei figli, con un padre operaio ed una madre casalinga. Questa situazione non facile lo costrinse ad abbandonare giovanissimo la scuola ed a trovarsi un lavoro: di giorno era gelataio alla Stazione Garibaldi, di sera cantava ai matrimoni sfruttando il suo innato talento. Fu proprio questo a salvarlo dalla miseria.

Dopo aver partecipato ad alcune manifestazioni canore riscuotendo un ampio successo, nel 1976 pubblicò il suo primo 45′ giri utilizzando i risparmi della famiglia. “‘A Storia Mia (‘O scippo)”, questo il brano, divenne presto un album ed iniziò a circolare non solo per Napoli, ma in tutto il Meridione. Nel 1979 sposò, a soli 22 anni, Annamaria Gallo, dalla quale ebbe presto i figli Antonio e Vincenzo. Nello stesso anno iniziò anche a lavorare in teatro riproponendo le classiche “sceneggiate” napoletane.

Questo suo nuovo interesse lo portò presto al cinema interpretando ben due film con Mario Merola nel 1982: “Tradimento” e “Giuramento”. Il vero successo per Nino D’Angelo, però, arrivò con “Nu jeans e ‘na maglietta”. Al tempo per presentare una canzone, molto spesso, veniva prodotto un film con lo stesso titolo che la utilizzasse come colonna sonora principale. Fu così che venne presentata l’opera più conosciuta dell’artista. Le aspettative erano ben poche, ma “Nu jeans e ‘na maglietta” superò come incassi persino “Flashdance” ed il caschetto biondo di Nino divenne un vero e proprio simbolo.

Da quel momento iniziò il successo nazionale di Nino D’Angelo con tantissimi nuovi album. Nel 1986 debuttò al Festival di Sanremo con “Vai”: la canzone non guadagnò l’apprezzamento della critica, ma l’album “Cantautore” che la conteneva vendette più di quelli di tutti gli altri concorrenti. Fra i successi di questo periodo è sicuramente da annoverare “Napoli”, contenuta nel film “Quel ragazzo della curva B” che divenne presto uno degli inni degli azzurri, ancora oggi molto cantata allo stadio.

Nino D'Angelo

A partire dal 1990, con la morte dei genitori, lo stile di Nino cambiò radicalmente: da interprete di una Napoli scanzonata si concentrò molto di più sulla sfera emotiva, mettendo nelle successive opere un’intimità diversa. Importante in questo periodo fu l’incontro con la regista Roberta Torre, con la quale realizzò il corto “Vita a volo d’angelo“, molto apprezzato al Festival di Venezia, ed il film “Tano da morire” grazie al quale il cantante vinse un David di Donatello e il Nastro d’Argento. Nel 1999 pubblica anche una sua autobiografia “L’ignorante intelligente”.

Dal 2006 al 2010, Antonio Bassolino lo nomina direttore artistico del teatro Trianon Viviani di Napoli, carica che è tornato a ricoprire lo scorso anno. Questa maturità artistica l’ha portato ad interessarsi sempre più alla musica etnica, alla riscoperta dell’antico patrimonio artistico napoletano ed ad una sua riabilitazione. Un lavoro costante che, ancora oggi, con canzoni, opere teatrali e film, Nino D’Angelo porta avanti con la forza che solo un simbolo della musica come lui può offrire.


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