Portici: il Bagno della Regina, dalla gloria alla polvere

Juza foto


All’interno del sistema di ville, palazzi, parchi, giardini e strutture architettoniche che insieme costituiscono il Palazzo Reale di Portici, un posto di rilievo di certo lo assume Villa d’Elboeuf. Della villa borbonica si è ampiamente parlato per le tristi vicende riguardanti lo stato di incuria e di degrado in cui versa da anni. Poco, però, si conosce di un complesso architettonico balneare, alla destra della villa, noto come Bagno della Regina.

Per lungo tempo si è creduto che l’opera avesse visto la luce per volere di Ferdinando IV di Borbone, in realtà la sua edificazione risale a un periodo successivo. Fu, infatti, realizzata per volontà di Carolina Bonaparte, moglie di Gioacchino Murat, ed i lavori iniziarono il 4 maggio del 1813, per poi terminare il 17 dicembre dello stesso anno.

L’opera neoclassica, un emiciclo a due piani, rappresenta uno dei primi esempi di complessi balneari in Italia. La moda del bagno di mare nasce poco dopo la metà del XVIII secolo nel mondo anglosassone, e diventa uno dei modi per combattere la malinconia e lo spleen. Prima di allora il soggiorno climatico era particolarmente avversato dai nobili, dal momento che evitavano di abbronzarsi in quanto la pelle scura era prerogativa delle classi popolari e contadine, costrette a lavorare sotto il sole.

L’individuazione del progettista della struttura è tutt’oggi ancora poco chiara. Inizialmente l’opera fu attribuita al Paolotti, poi al Persano, poi ancora a Etienne – Cherubin Lecomte, infine, in seguito a una lettura più ampia e completa delle fonti, si è pensato fosse più verosimile credere che fosse di Gennaro Lojacono, firmatario dell’atto di consegna.

La decorazione plastica del bagno è arricchita da stucchi allegorici, di cui oggi sopravvivono malamente solo il tritone e la sirena al centro del frontone.

All’interno, invece, sono soprattutto due gli ambienti dove si concentrano le decorazioni, entrambi con sfondi mitologici: il vestibolo e il gabinetto.

Le cabine sono disposte su una balconata a ferro di cavallo, su un lido che fungeva da discesa a mare privata. L’intero complesso rappresentava una sorta di parco degli svaghi e delle delizie per la famiglia Reale.

La privatizzazione del sito apre una fase di lento e inesorabile declino per l’ex proprietà regia. Una decadenza progressiva che stride con i fasti di un tempo e che ha ridotto un’opera straordinaria e invidiata, in un rudere abbandonato.


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