Video. Ad Ulisse si parla dell’ “Unità” d’Italia e dei suoi paradossi


Tutto iniziò con questa stretta di mano tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che sancì l’unificazione dell’Italia. Una decisione voluta e sostenuta dai ceti dirigenti e politici ma in cui il popolo non ebbe una partecipazione consapevole.

Nella puntata di “Ulisse, il piacere della scoperta si è affrontato il tema dell’Unità d’Italia e si sono spiegati anche i limiti e i paradossi di questa politica pilotata dal potere centrale. In parlamento si decise di imporre un modello centralistico a tutto il paese, popolato all’epoca da 27.000.000 di abitanti, estendendo le istituzioni e la cultura sabauda.

Il più grande errore fu proprio quello di ignorare le profonde differenze tra le regioni italiane che caratterizzavano la nostra cultura. L’italiano era la lingua ufficiale ed era utilizzata solo dai dotti, mentre il resto del popolo parlava il dialetto locale, senza alcuna distinzione di casta. La più grande particolarità era proprio quella di avere in una sola penisola, decine e decine di dialetti, reminiscenza probabilmente dei tanti e diversi popoli antichi che abitavano l’Italia. Si provvide ad abbattere le frontiere, le tasse doganali e a realizzare una sola moneta, la lira, finalizzata alla creazione di un mercato unitario.

Ma la situazione del popolo italiano era tutt’altro che omogenea. C’erano forti differenze di censo, poche persone ricche mentre la maggior parte della popolazione viveva di stenti. Inoltre i due terzi era analfabeta, cioè il 78% degli italiani, agli inizi del Novecento, non sapeva né leggere e né scrivere e bisognerà aspettare il secondo dopoguerra per avere un’istruzione di massa e l’avvento dei media per la diffusione dell’italiano. La nostra penisola viveva di agricoltura e se mentre al Nord i contadini erano piccoli proprietari terrieri, al Sud vigeva il latifondismo, cioè non possedevano terre, erano braccianti e umili lavoratori.

Un governo che tassava i poveri, non promulgava la cultura, ritenuta ancora una cosa per ricchi ed intellettuali, provocò uno scontento generale e la diffusione del cosiddetto “brigantaggio”. Contadini meridionali in rivolta armati di forconi, almeno all’inizio, che portarono il governo ad inviare le forze armate sul posto ed a reagire col fuoco. Ne seguirono dieci anni di scontri e di guerra civile. Ma nonostante ciò le differenze tra Nord e Sud non vennero mai superate e ciò spinse i meridionali ad emigrare al settentrione per trovare impiego nelle industrie del Nord.

Ma ad un certo punto la voce narrante del documentario parla di arretratezza del Regno Borbonico rispetto a quello sabaudo e lombardo-veneto. A giudicare dalle innovazioni portate dal Regno delle due Sicilie, l’affermazione potrebbe apparire controversa, in quanto a partire dal campo dei trasporti esso sviluppò la flotta ed un sapiente commercio via mare, inoltre la prima ferrovia della penisola fu realizzata a Napoli. Sul piano igienico-sanitario non c’erano paragoni, il Bidet, l’acqua calda e fredda era corrente già nelle case del Sud, inoltre nel 1818 esisteva nel Regno, già la previdenza pensionistica per i dipendenti statali, il primo osservatorio sismologico al mondo che teneva d’occhio l’attività del Vesuvio, 283 ospedali, orfanotrofi e un albergo dei poveri. Per non parlare della politica innovativa di corte introdotta dal re Carlo III e della creazione, da parte di Ferdinando IV, di un’attività manifatturiera della seta per dar lavoro al borgo di San Leucio nel casertano. Solo pochissimi anni fa, inoltre, lo stesso Alberto Angela a Ulisse ha raccontato quanto fosse florido e avanzato il Mezzogiorno durante il periodo borbonico, con la puntata Viaggio nel Regno delle Due Sicilie: ieri, invece, ha sbalordito tutti coloro che hanno imparato la vera storia del Sud, con questa marcia indietro della quale non si capisce il motivo.

Un’apparente Unità d’Italia, studiata dal governo centrale, per sopprimere il florido Regno Borbonico ed arrestare la sua corsa verso la modernità.


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