Luca Giordano, il grande pittore napoletano che dipingeva a due mani


In tutta la sua vita realizzò più di tremila dipinti che lo resero uno dei più acclamati e prolifici artisti del Seicento. Luca Giordano si ispirò alle opere di Caravaggio, Jusepe de Ribera, di cui fu apprendista per quasi dieci anni, e Paolo Veronese, da cui prese la leggerezza e l’intensità dei colori. Chiamato anche Luca Fa-Presto per la velocità con cui soleva dipingere, tanto che secondo alcuni era perfino in grado di dipingere con entrambe le mani, contemporaneamente, Luca Giordano nacque a Napoli il 18 ottobre del 1634. Egli realizzò la sua prima opera nel 1651: un San Luca per la chiesa di Santa Marta, situata tra l’incrocio di via Benedetto Croce e via San Sebastiano. Particolarmente importante per la crescita artistica del pittore napoletano fu l’incontro con Mattia Preti, soprannominato il “Cavalier Calabrese”, grazie al quale abbracciò in toto lo stile barocco.

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Giordano Luca, “Cacciata dei mercanti dal tempio”, nella chiesa dei Girolamini

Ancora adolescente si trasferì a Roma dove entrò in contatto con il pittore Pietro da Cortona da cui fu fortemente influenzato quando dipinse, tra il 1682 e il 1686, il soffitto della Sala da Ballo di Palazzo Medici-Riccardi di Firenze. Negli anni giovanili Giordano viaggiò molto, prima nella capitale, poi a Bologna, a Parma, a Padova e a Venezia, dove apprese la passione per le decorazioni dall’arte del Tintoretto e di Tiziano. Tra un viaggio e l’altro, in giro per l’Italia, Giordano però non riuscì mai a trascorrere troppi mesi lontano da Napoli, dove ogni volta tornava con un animo più esperto e creativo. Fu nel capoluogo campano che affrescò la navata e la cupola della chiesa di san Gregorio Armeno e di santa Brigida. Senza dimenticare le tele che lasciò nella chiesa dei Girolamini. Egli però non dipingeva solo opere sacre, ma alternava dipinti sulle pareti di complessi religiosi a lavori realizzati per privati collezionisti italiani, fiamminghi o spagnoli. E proprio perché era apprezzato anche aldilà della Penisola, fu chiamato da Carlo II d’Asburgo, per trasferirsi a Madrid. Qui realizzò alcune delle sue opere più importanti, come il ciclo di affreschi all’Escorial, al Cason di Bueno Retiro, nella Sagrestia della Cattedrale di Toledo e nel Monastero di Nostra Signora di Guadalupe. Ancora oggi, circa una cinquantina di sue opere sono conservate al Museo Nacional del Prado di Madrid. Dopotutto Luca Giordano, intorno alla metà del XVII secolo, era considerato l’artista più famoso di Napoli.

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Trionfo di Giuditta

Agli inizi del Settecento tornò in Italia. Si fermò prima a Genova, dove dipinse sia nel palazzo Balbi che nel palazzo Reale, e poi nuovamente a Napoli. Nella città partenopea, ormai settantenne, realizzò il suo ultimo grande capolavoro: il Trionfo di Giuditta, sul soffitto della Cappella del Tesoro della Certosa di San Martino. Una leggenda narra che Giordano dipinse la monumentale opera in un unico giorno. Il dipinto rappresenta uno delle massime rappresentazioni dell’arte barocca, anche se contemporaneamente apre già la strada alla stagione del rococò. Ammirando il lavoro, si può seguire, in maniera circolare, la storia dell’eroina del popolo ebraico: la Morte di Oloferne, la Giuditta trionfante e la Vittoria degli Israeliti sugli Amalachiti.

Questo articolo fa parte della rubrica I figli illustri di Napoli.

Fonti: “Napoli e la Campania: Capri, la Reggia di Caserta, Pompei, Amalfi, Paestum”, Milano, Touring Editore, 2002

“Vita del cavaliere D. Luca Giordano pittore neapolitano”, Napoli, Ricciardo, 1792

Cristian Bonetto, Josephine Quintero, “Napoli e la Costiera Amalfitana”, Lonely Planet, 2013


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