Un tesoro invidiato da tutto il mondo: le sculture del tempio di Iside


Accanto a Roma, la città di Benevento è il più importante centro di scoperte di sculture egiziane originali in Occidente e non condivide questa caratteristica con nessun’altra città fuori dall’Egitto“.

Con queste parole l’egittologo tedesco Hans Wolfgang Müller esprimeva la sua ammirazione per i numerosi reperti che decoravano il tempio realizzato a Benevento dedicato alla dea Iside dall’imperatore Domiziano negli anni 88-89 d.C. Figura protettrice dei Flavi, (si narra infatti che Vespasiano abbia trascorso la notte precedente l’ingresso trionfale a Roma di ritorno dall’assedio di Gerusalemme, insieme al figlio Tito, all’interno dell’Iseo Campense) la dea Iside per la sua valenza simbolica viene scelta da Domiziano come figura da associare alla propria persona secondo la mentalità orientale, soprattutto faraonica, del dominus et deus che vede l’imperatore alla pari di una divinità. Riprendendo aspetti religiosi isiaci, quali quello della filiazione divina del futuro re con la madre, Domiziano si eleva a figlio della dea, Horus, ponendosi sullo stesso piano.

L’intento dell’imperatore era infatti quello di “pubblicizzare” la sua immagine assimilandola a quella dei faraoni egizi, così che il tempio che egli edificò rappresenti il riflesso di questa sua mentalità. Non dobbiamo quindi stupirci se direttamente dall’Egitto arriveranno a decorare l’Iseo beneventano delle sculture di autentica manifattura orientale, alcune di epoca faraonica ed altre di epoca tolemaica, a cui si accostano una gran quantità di reperti sia di età ellenica che imperiale realizzati sia in Egitto che in Italia, fondendo quindi elementi esotici ad altri tipicamente di tradizione romana. Di gusto egizio è anche il monumentale ingresso davanti al quale troneggiavano due obelischi mentre il dromos che conduceva alla statua della dea era fiancheggiato da statue di Horus/falco e da sfingi.

oranti

Statua di orante

Già il materiale di queste sculture la dice lunga su quello che doveva essere la sfarzosità dell’edificio di culto, esse infatti sono tutte realizzate con materiali piuttosto pregiati quali granito, porfido e diorite oltre che anfibolite, sienite, marmo e pietra nera, mentre i pochi frammenti di lastre parietali attestano la tecnica del bassorilievo per la decorazione delle pareti esterne e del bassorilievo nell’incavo e dell’inciso per quelle interne. Quasi tutte le statue però risultano decapitate, fenomeno questo che si lega alla volontà di cancellare l’autorità religiosa della dea avvenuto a seguito della conversione al cristianesimo dei nobili longobardi, signori di Benevento, mentre soltanto le statue raffiguranti gli imperatori e alcuni reperti considerati minori furono invece risparmiati. Alcuni erano infatti stati letteralmente gettati e riutilizzati come riempimento della cinta muraria nell’area nei pressi della chiesa di Santa Sofia, altre invece si rinvennero a seguito di scavi nei pressi di piazza cardinale Pacca e via Gaetano Rummo.

Iside-Pelagia

Porzione di statua di Iside-Pelagia

Le sculture di epoca faraonica sono in tutto tre. La più antica in assoluto è la statua di faraone su trono di cui si conserva soltanto la parte inferiore a partire dalle gambe con ai lati un’iscrizione che ci informa che la scultura raffigura Mery-Shepses Ra Ini, faraone della XIII dinastia (fine XVIII secolo a.C.) collocata originariamente nel tempio di Amor-Ra a Karnak. Datata invece al regno di Shoshenq III, sesto sovrano della XXII dinastia , tra l’839 e il 798 a.C., è la statua cubo dello scriba regale Neferhotep, acefala, così detta perché rappresenta un uomo seduto su un cuscino con le ginocchia rannicchiate contro il petto strette tra le braccia incrociate sulle ginocchia, in posizione tale da ricordare la figura geometrica del cubo. Mentre due statue di Horus a forma di falco, di cui una mancante della parte inferiore, sono datate tra il 380 ed il 342 a.C. (XXX dinastia).

Horus

Statue di Horus/falco

Al periodo tolemaico appartengono invece una testa di Iside datata alla seconda metà del III secolo a.C. che si immagina seduta sul trono mentre allatta il piccolo Horus, proveniente probabilmente dall’Iseo di Behbêt el-Hagar oltre che una statuetta di Iside di cui si conserva soltanto la parte inferiore di una collezione privata e cinque sfingi, di cui quattro acefale ed una di cui si conserva solo la parte posteriore, probabilmente collocate originariamente in un tempio egizio e trasportate poi in Italia. I reperti di epoca ellenistica ed imperiale sono in numero maggiore e consistono in alcune sculture che rispecchiano la volontà di Domiziano ad assuefarsi alle fattezze  faraoniche, quale una statua che raffigura Domiziano come faraone quasi a grandezza reale ed una testa regale di Domiziano pertinente probabilmente ad una delle sfingi di epoca imperiale acefale. Non mancano richiami ad altri imperatori seppure più tardi quali Caracalla i cui tratti sono ricordati in una statuetta di imperatore in veste di faraone, oltre che una non-identificata figura imperiale rappresentata da una testa di sovrano con nemes. Mentre certamente i reperti che più esplicitamente rimandano alla propaganda imperiale sono i due obelischi, di cui uno integro si erge in piazza Papiniano, gemelli con quattro iscrizioni geroglifiche per lato che Domiziano fece realizzare per mezzo di Marcus Rutilius Lupus per celebrare l’edificazione del tempio.

Domiziano

Statua di Domiziano/faraone

Non manca la statua simulacro della dea che era esposta nel Sancta Sanctorum del tempio che veniva venerata come Iside-Pelagia o Iside della Vela, di cui si conserva soltanto la barca che  poggia su un supporto rettangolare mentre della dea si conservano soltanto i piedi.  Ci sono poi altre statue che raffigurano divinità in stretto rapporto cultuale con Iside quali due statue di Horus/falco, due statue di Apis/toro ed un frammento parietale con la sua raffigurazione, due statue di Thot/babbuino ed una statua probabilmente raffigurante Anubis. Ancora due statue di sacerdoti con canopo ed una con sisto pertinenti probabilmente ad un gruppo scultoreo per lo svolgimento di cerimonie isiache legate al culto di Osiride-Canopo oltre ad un frammento di una statua di sacerdote di cui si conserva soltanto la parte inferiore, due statue di adoratrici di Iside e la cisti mistica, un contenitore che doveva conservare oggetti di culto e probabilmente portato in processione al pari di altri in vimini dietro la statua della divinità. Infine tre frammenti di rilievi parietali riferibili alla decorazione del tempio ed un’iscrizione latina di cui si conservano solo quattro righe di testo che ricordano il restauro della cella o del tempio stesso.

Thot

Statue di Thot/babbuino

 

BIBLIOGRAFIA

Egittomania. Iside e il mistero, Catalogo della mostra, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Ottobre 2006 – Febbraio 2007,a cura di DE CARO Stefano Verona; Hans Wolfgang MÜLLER: Il culto di Iside nell’antica Benevento. Catalogo delle sculture provenienti dai santuari egiziani dell’antica Benevento nel Museo del Sannio, Benevento 1971; Massimiliano NUZZOLO: “Benevento l’Iseo dimenticato e le Streghe del Sannio”, in FormaUrbis , 2011; Massimiliano NUZZOLO: “Misteri a Benevento”, in Archeo 326 Aprile 2012, pp. 94-101; Antonio Vito SIRAGO: “ Il culto di Iside e Benevento” , in Samnium, anno 60, n. 3-4 (1987), pp. 115-138; Marina R. TORELLI:  Benevento Romana, Roma 2002, pp. 185-201; Giovanni VERGINEO:  “I culti orientali in Campania nelle testimonianze archeologiche”, in Salternum, Anno XIV, Numero 24-25, Gennaio-Dicembre 2010, pp. 29-46; Giovanni VERGINEO:  “Il tempio di Iside a Benevento: l’architettura e gli arredi, l’architettura attraverso gli arredi”, in Estrat Crìtic 5.Vol.2, 2011, pp. 62-75.

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Questo articolo fa parte della rubrica di Archeologia Vesuviana.


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