La musica che nasce dalle radici del Vesuvio: intervista ai We Are The Bears


Esiste un oriente partenopeo di miscellanea e atipica contaminazione che investe una scena che prende corpo sin dalle pendici del Vesuvio, come la storia del duo “We Are The Bears”formata dalla voce e chitarra di Vincenzo Sorrentino e dalle percussioni di Gaetano Garofalo che proprio da Torre del Greco parte alla caccia della faticosa scena underground che ben più lungi dal rimanere rinnegata dai confini campani.

Dopo il disco d’esordio Blue Desert Fuzz (prodotto dall’etichetta indipendente Bulbart Label) ben apprezzato dalla critica di settore si ripropone,ancora con lo stesso marchio di produzione nella fresca uscita del secondo lavoro discografico uscito proprio questo mese “Tales from the ocean”.

In un genere che ben si discosta dalle tendenze della città che spaziano dalla musicalità melodica fino all’ultimo grido di emancipazione ribelle ritrovata nella trap poi e nell’ hip hop prima.

Il duo infatti in una sfrenata ricerca strumentale spazia in un contesto, psicheledico e indie rock, tanto caro alla generazione dell’ultimo ventennio americana ma ben distante da una cifra stilistica “modaiola”italiana e sopratutto del sud del paese,sempre esaltato nella reinvenzione di un genere di tradizione.

Abbiamo intervistato per l’appunto la voce del duo, Vincenzo Sorrentino che si racconta.

La chiacchierata comincia sui suoni ispiratori che possono incidere nel lavoro di produzione del duo e cosa li distanzia dalla prima uscita discografica.

V.Quando stavamo scrivendo Blue Desert Fuzz ricordo uscì il primo disco dei Tamples (Sun Structures) quel disco per me è assurdo, ha dei suoni bellissimi. Sicuramente band come Tamples, Beatles, Tame Impala hanno influenzato una parte del nostro sound.

Il secondo disco si differenzia sopratutto per il fatto che c’era la consapevolezza stessimo scrivendo il secondo disco , il processo creativo è stato molto spontaneo, così come la fase di registrazione.

Per questo ultimo disco è stato totalmente diverso, ogni suono è stato studiato, non abbiamo lasciato nulla al caso. Abbiamo trascorso due mesi in studio a lavorare sui suoni.

Brani come Fly High, Flamingo’s lips, Tumbao sono stati registrati di notte, e credo che questa cosa si rifletta sul suono “desert” che abbiamo tirato fuori. Ogni brano è stato registrato almeno 5 volte prima di trovare quello giusto, Gaetano avrà suonato Pompei 50 volte prima di trovare il sound giusto. In Tumbao ho sovrainciso delle parti con il mandolino, invece nel primo disco quasi non ci sono sovraincisioni, cercammo di lasciarlo il più pulito possibile.

Alla successiva domanda, sulla fase di lavorazione di un disco e sui rapporti con l’etichetta, anche alla base di chi sogna di uscire dal proprio garage per approcciarsi alla lavorazione di un disco ci dice: “La nostra fase preferita, che è anche la più caotica, è proprio quella della scrittura, io e Gaetano veniamo da mondi musicali completamente diversi e questo crea la confusione giusta su cui lavorare, brani come Fly High e Shadow of your eyes hanno avuto una fase di lavorazione più lunga proprio perchè potevano avere diverse sfumature e occorrevano tanti ascolti per capire il brano in che direzione potesse andare. Una volta che è tutto pronto ci chiudiamo in studio(NA-SA) e iniziamo a registrare delle demo. Se tutto funzione cominciamo a registrare sul serio, e di conseguenza il disco cambia, si completa e tutto inizia a prendere le forme che cercavamo, come le avevamo in testa mesi prima di iniziare a scrivere. Come sempre anche questo disco esce con “Bulbart” che cura le nostre idee, ci supporta e ci aiuta con la produzione, distribuzione e date”.

Segue la fatidica domanda su quanto sia difficile, sopratutto per il genere, uscire allo scoperto dall’ambiente vesuviano e se questo, paradossalmente, abbia influenzato le sonorità.

V.E’ dura. C’è tanto lavoro da fare, affinchè la tua musica possa emergere e arrivare alle orecchie di tante persone. Anche se fondamentalmente facciamo musica per noi, perchè ci fa stare bene, poi certo quando qualcuno viene ad un tuo concerto dicendoti “mi hai fatto volare” vuol dire aver fatto centro. Ovviamente entrambi siamo cresciuti a pane e Pino Daniele.

L’ultima domanda a conclusione è relativa a quella esigenza un po’ inconsueta di suonare in un duo, come nasce il loro in particolare e come non si senta l’esigenza di altri membri nella band

V.Suoniamo ormai insieme da circa 7 anni di cui 5 da “We Are The Bears”. Ci siamo sempre trovati bene in due. E’ tutto più facile, tutto scorre con più leggerezza. Musicalmente parlando non abbiamo mai avuto esigenza di altri elementi . Dal vivo spesso brani vengono arricchiti di parti strumentali improvvisate, tra noi c’è un feeling musicale su cui ci lavoriamo da cinque anni , per noi il live è una parte importantissima perchè è li che il messaggio arriva diretto a chi ci sta ascoltando”.

A tal proposito, per chi volesse ascoltarli live i prossimi appuntamenti sono:

-24 Novembre; Bulbart party,Lanificio 25

-8 Dicembre Fabric,Portici.

.-16 Dicembre Bordeline,Nola


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