La fontana del Nettuno: storia di un’opera vagabonda


La fontana del Nettuno, che si trova a via Medina, tene artéteca, ovvero è caratterizzata da uno stato di irrequietezza e agitazione, che le impedirebbe di star ferma.

La sua costruzione cominciò verso la fine del XVI secolo, per volere del viceré Enrico di Guzmán conte di Olivares (1595-1599), il quale commissionò i lavori a Michelangelo Naccherino, Angelo Landi, Pietro Bernini e Domenico Fontana.

I lavori di costruzione terminarono sotto il vicereame di Fernando Ruiz de Castro conte di Lemos  (1599-1602). Una volta ultimata, la fontana del Nettuno, la cui prima struttura era costituita da una grande vasca sorretta da quattro delfini e sulla quale si elevavano altrettante cariatidi, fu lasciata nel luogo della sua costruzione, ovvero nei pressi dell’arsenale costruito dall’architetto Vincenzo Casali.

Nel 1625 iniziano i suoi spostamenti. Per mancanza d’acqua l’allora viceré, don Antonio Alvarez di Toledo duca d’Alba, ne ordinò la nuova collocazione nel largo di palazzo, ovvero l’attuale Piazza del Plebiscito. A posteriori però ci si rese conto che essa costituiva un intralcio per le feste, e fu spostata nuovamente a Santa Lucia; in quest’occasione fu anche arricchita con nuove statue ad opera di Cosimo Fanzago.

Ma la vicinanza al mare, e la conseguente paura di eventuali danneggiamenti causati dai cannoni in periodo di guerra, portarono a decidere per un altro spostamento già nel 1638. Fu così spostata in via Corregge, l’attuale via Medina, prima presso la chiesa di San Diego, poi dinanzi palazzo Sirignano. Per l’occasione fu ampliata, sempre sotto la direzione di Fanzago, il quale curò l’aggiunta dei leoni e di vari intagli. I delfini, i cavalli marini, i puttini e le armi sono invece opera dei marmorari Domenico Vannelli e Andrea Iodice.

La fontana monumentale napoletana uscì danneggiata dalla rivolta di Masaniello del 1647, e vennero svolti i primi lavori di restauro, affidati a Francesco Castellano e Andrea Iodice. Venne poi saccheggiata dal viceré don Antonio d’Aragona che, al termine del suo mandato, le portò via putti e gradini di marmo, per cui altri restauri furono eseguiti nel 1709 e nel 1753.

Ma gli spostamenti di questa fontana ballerina non finiscono qui. Nel 1886 viene rimossa da via Medina e custodita in una grotta di Pizzofalcone fino al 1898, anno in cui una delibera comunale ne decide lo spostamento in piazza Bovio, dove nel 1904, nel 1929 e nel 1938 vengono fatti ulteriori restauri.

Piazza Bovio non costituisce però la sua destinazione ultima: nel 2001 la fontana monumentale torna di nuovo in via Medina, dov’è tutt’oggi collocata, ma con probabile obbligo di sfratto. Lo staff di palazzo San Giacomo sostiene che la necessità di un nuovo spostamento sarebbe legata ai lavori per l’ampliamento della Linea 6 della metropolitana, che intanto continua a causare disagi ai viaggiatori.

Ma sono in molti a non essere d’accordo, dai residenti ai commercianti della zona, fino ai docenti della facoltà di Architettura della Federico II, e lo dicono chiaramente in una petizione promossa dal Prof. Aldo Capasso. Chissà se la fontana del Nettuno riuscirà a liberarsi dal suo destino di eterna vagabonda.


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