Maurizio Sarri, dalla P alla A


Negli ultimi anni molte società, in primis il Milan, preferiscono affidarsi ad allenatori totalmente inesperti, che si trovano catapultati su una panchina importante senza particolari meriti sportivi. La tanta decantata “gavetta” sta ormai diventando un vero e proprio optional e non sembra costituire più un requisito essenziale per allenare ad un certo livello. Se Inzaghi quest’anno si è ritrovato ad allenare il Milan senza alcuna esperienza, c’è  però chi ha dovuto attendere ben 25 anni di onorata carriera per approdare ad allenare una squadra di serie A, Maurizio Sarri. Il cinquantaseienne tecnico di origine napoletane ha dovuto sudare molto più delle proverbiali sette camicie per salire alla ribalta del calcio italiano. La storia dell’attuale tecnico dell’Empoli ha inizio tra i campi di terra battuta delle categorie dilettantistiche. Siamo a metà  anni ’90, l’allenatore napoletano vince il campionato di Promozione con Carviglia ed Entella, ma il  suo primo risultato importante lo raggiunge col Sansovino, che porta dall’Eccellenza alla C2 in una fantastica cavalcata cominciata nel 2000 e terminata trionfalmente nel 2003, con tanto di Coppa Italia di Serie D.

Nemmeno quella  memorabile sfilza di successi gli regala, però, la gioia della prima panchina tra i professionisti. Arriverà, comunque, molto presto. L’anno dell’esordio in C è il 2005. Mentre Benitez col suo Liverpool conquista la Champions con la famosissima rimonta sul Milan, il buon Sarri si gode, alla sua prima esperienza nella terza serie italiana, un ottavo posto di tutto rispetto conquistato con la Sangiovannese. E’ il suo trampolino per la serie B, nella quale si tuffa per la prima volta la stagione successiva alla giuda del Pescara, con cui ottiene un tranquillo undicesimo posto. Nel 2006-2007 siederà per quattro mesi sulla panchina dell’Arezzo, liberata da un certo Antonio Conte, che in otto giornate non aveva ancora vinto una partita. Sarri riuscirà, invece, a portare i toscani addirittura ai quarti di finale di Coppa Italia, dove solo il Milan riuscì ad eliminarli.

L’anno della svolta, però, è il 2012, e pensare che avrebbe potuto essere quello delle sbarre. Il procuratore Stefano Palazzi, nell’ambito dell’indagine sul calcio scommesse, infatti, richiede per Sarri un anno di squalifica per omessa denuncia, ma l’allenatore napoletano viene prosciolto in primo grado. Pochi giorni dopo la sentenza, poi, arriva la chiamata dell’Empoli, che gli cambierà la vita: in due anni riporta la squadra toscana nella massima serie, offrendo un calcio offensivo e divertente.

In molti pensano che la Serie A sia un ostacolo proibitivo, soprattutto per una squadra come l’Empoli, che a livello tecnico è una delle meno forti della categoria. Basti pensare che Daniele De Rossi, il giocatore più pagato della nostra serie A, con uno stipendio di 6.5 milioni di euro l’anno, mentre tutta la rosa dell’Empoli guadagna complessivamente 6 milioni di euro. Per quanto riguarda la classifica degli allenatori,  è il più pagato è Rafa Benitez con uno stipendio di 3,5 milioni l’anno, mentre Sarri è il meno pagato con uno stipendio di 300.00 euro a stagione. Eppure il 7 dicembre 2014 Sarri e i suoi sono riusciti a portare via dal “San Paolo” un preziosissimo quanto inatteso 2-2.

Ma Sarri, alla sua prima esperienza in serie A, ha incantato anche in molte altre occasioni, perché a differenza di una normale squadra che lotta per la salvezza, l’Empoli non fa barricate con dieci uomini dietro la linea della palla, ma propone calcio offensivo mettendo in difficoltà squadre di primissima fascia, quali Lazio, Inter e Roma. E quando qualcuno ha fatto notare a Sarri che il suo stipendio non è all’altezza degli altri colleghi di serie A, l’allenatore dell’Empoli ha risposto con estrema eleganza: “Sono figlio di operai, ciò che percepisco basta e avanza. Mi pagano per una cosa che avrei fatto di sera, dopo il lavoro e gratis. Sono fortunato”. Solo chi è partito dai campi di Promozione ed Eccellenza, può apprezzare il privilegio del fare del gioco più bello del mondo il proprio lavoro.


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