E’ la Nazionale del Nord, solo 73 partite al Sud. Al meridione può giocare solo in amichevole


Stadio gremitissimo in ogni ordine di posto, saluto romano e tre gol alla Svizzera. Tra gli undici in maglia azzurra anche i “napoletani” Sallustro e Vojak. Era il 14 febbraio del 1932, impianto Giorgio Ascarelli di Napoli. La Nazionale italiana di calcio scese al Sud per la prima volta nella storia a 22 anni di distanza dall’esordio in maglia bianca nel lontano maggio del 1910. 15 anni ci impiegò la commissione tecnica per convocare un calciatore appartenente ad una squadra del Centro-Sud. A realizzare l’impresa fu Fulvio Bernardini, centrocampista e poi allenatore al quale la Roma intitolò il centro sportivo di Trigoria.

Stasera la selezione azzurra disputerà la partita numero 789 della storia, 350esima in casa tra incontri ufficiali e amichevoli. Nel meridione d’Italia sono state giocate solamente 73 sfide (il 20,8% del totale in casa) di cui 25 a Napoli, piazzandosi al quinto posto tra le città che hanno ospitato gli azzurri. Roma e Milano sono quelle che messe insieme contano quasi un terzo delle partite casalinghe. Alle loro spalle  Torino e Genova, prima del capoluogo campano.

Roma 58 partite

Milano 55 partite

Torino 36 partite

Genova 26 partite

Napoli 25 partite

Firenze 23 partite

Bologna 20 partite

La maglia “blu savoia” in onore dell’antica casata, artefice dell’unità d’Italia, si somma ai numeri mortificanti di un meridione spesso considerato alla stregua di una colonia interna. Le ragioni dell’emarginazione vanno rintracciate nella storia del Paese durante il periodo post-unitario. Sud più povero del Nord dopo l’annessione avvenuta ad opera di Garibaldi. Il calcio nacque nelle terre più ricche della penisola. Milano, Torino e Genova costituirono il cosiddetto “triangolo industriale del Nord-Ovest”. Il potere e la burocrazia si concentrò in quei pochi chilometri. Le società nascenti disputavano dei campionati dove le formazioni del Sud non erano ammesse a parteciparvi, solo con la riforma Valvassori-Faloppa (1911-’12) le squadre meridionali avrebbero potuto teoricamente giocarsi la vittoria finale del campionato. Fu nel 1929 ad opera del fascismo che il calcio fu nazionalizzato. Nacque la Serie A e in breve tempo furono eretti nuovi impianti sportivi. Il Calcio apparteneva al Nord, così come la Nazionale.

Nonostante le ragioni storiche, parte delle responsabilità di tale isolamento sono imputabili agli amministratori locali. Presidenti di Regione, Province (oggi città metropolitane) e Comuni poco hanno fatto per intraprendere la strada del miglioramento infrastrutturale. Dal gennaio del 2015 la Nazionale di calcio può giocare partite ufficiali solamente in 4 città: Milano, Roma, Torino e Udine. Tutti gli altri impianti sono scartati per le regole divenute più stringenti da parte dell’Uefa che catalogando gli stadi in 4 fasce, considera soltanto quelli della fascia più alta meritevoli di ospitare la selezione azzurra. Se non si metterà mano a lavori di modernizzazione di stadi fatiscenti e vetusti, il Sud dovrà accontentarsi delle briciole ed assistere alle amichevoli in quelle rarissime occasioni concesse.

Fonti

Storia critica del calcio italiano, Gianni Brera

Dov’è la Vittoria, Angelo Forgione

http://www.italia1910.com/

www.it.wikipedia.org

 


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