Beppe Savoldi ‘o maraja: mister 2 miliardi e lo scandalo del Totonero


Era un attaccante molto dotato nel gioco aereo, grazie anche ad una grande elevazione che aveva sviluppato giocando a basket da piccolo. Fu uno degli attaccanti più prolifici del nostro calcio. 18 anni di onorata carriera spesi principalmente tra Bologna e Atalanta ma con una indimenticabile parentesi all’ombra del Vesuvio. Lui era Giuseppe (o se preferite, Beppe) Savoldi. O’Maraja.

Nacque a Gorlago (Bergamo) il 21 gennaio del 1947. Esordì in Serie A nel 1965 all’età di 18 anni con indosso la maglia nerazzurra dell’Atalanta. Fa il suo debutto ufficiale in una gara di Coppa Italia contro il Vicenza contro cui segna anche il suo primo gol da professionista. Furono 3 anni di alti e bassi per lui conditi da 57 presenze e 17 gol totali. Nel ’68 passa al Bologna con cui vince due Coppe Italia oltre ad essere insignito del titolo di capocannoniere grazie ai 17 gol siglati nella stagione 1972-73. Ciò gli rese grande notorietà al punto che diverse squadre si fecero avanti per provare ad acquistarlo. Solo una di queste però ebbe la meglio.

Nel 1975 si trasferì al Calcio Napoli in cambio di un miliardo e mezzo delle vecchie lire, più altri due calciatori, tra questi Clerici, per un totale di quasi due miliardi. Una cifra incredibile che fece storcere il naso agli economisti del tempo i quali si interrogarono su come fosse possibile per alcune società di calcio sborsare così tanti soldi per un giocatore.  La verità è che l’allora presidente azzurro Corrado Ferlaino fece di tutto per accaparrarsi in squadra uno dei migliori attaccanti in circolazione alla luce del secondo posto (alle spalle della Juve) ottenuto l’anno prima. Nonostante tutto, il suo acquisto fu una mossa più che azzeccata. Quell’anno infatti gli abbonamenti andarono a ruba come mai era accaduto nelle annate precedenti. Nella sua prima stagione partenopea, Savoldi segnò 7 gol nelle prime 7 partite portando il Napoli in cima al campionato. Poi l’infortunio e addio sogni di gloria. Al rientro Beppe Gol non era più lo stesso. Vinse una Coppa Italia (1975-76) segnando 55 reti in 4 anni prima di essere rispedito al mittente per nientemeno che 16 miliardi (valore ottuplicato).

Giocò un altro anno al Bologna dove, al termine della stagione, risulta coinvolto nello scandalo del Totonero venendo squalificato per tre anni e mezzo. Dopo uno sconto di pena di due anni concesso dalla Federcalcio, ritornò lì dove aveva iniziato. 1 solo gol in 16 presenze nella sua ultima esperienza da calciatore all’Atalanta. A cavallo tra gli anni ottanta e novanta si dedica all’attività da allenatore senza però riscuotere molta fortuna.

Durante la sua esperienza al Napoli incise anche un disco dal titolo “La favola dei calciatori” di cui riuscì a vendere circa settantamila copie. Un grande successo musicale per una canzonetta su un calcio dedicato ai sogni da bambino. Sogni che, purtroppo per lui, non presero mai realmente forma.

“Quando entravamo in campo, il San Paolo pieno non gridava “Napoli”, ma “Beppe Beppe”… è il ricordo più bello di tutta la mia carriera. Per questo è grande l’amarezza di non aver potuto ricambiare tutto l’affetto resomi dai tifosi. Ai napoletani devo anche gratitudine per aver smussato il mio carattere chiuso da bergamasco. Sono diventato così napoletano che a San Siro mi sono fatto parare il mio diciassettesimo rigore da Bordon… Così napoletano da incidere due dischi. Non si può non cantare a Napoli. Il primo, “La favola dei calciatori”, ha venuto 70.000 copie: riempivo un San Paolo anche così… “. Tanti Auguri, Beppe!

 


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