Massimo Troisi e il 1° Scudetto del Napoli: “Dobbiamo essere obbligati a piangere e stare male”


Il calcio è una cosa seria, soprattutto a Napoli. E’ nella città partenopea che 30 anni fa tutto il mondo ammirava le gesta di un certo Diego Armando Maradona, il calciatore più forte della storia, capace di trascinare una squadra ed un intero popolo verso la conquista del tricolore. Il 10 maggio 1987, infatti, il Napoli festeggiava il suo primo, storico scudetto.

Una vittoria eccezionale per tanti motivi, a cominciare da quelli sportivi. Quel Napoli ebbe la meglio sul Milan di Arrigo Sacchi, una tra le squadre più forti della storia del calcio, dando vita ad un testa a testa emozionante, che appassionò tutta Italia, sia i tifosi napoletani, sia quelli rossoneri.

Non solo, però, una vittoria che celebrava i valori tecnici della squadra azzurra. La conquista dello scudetto, infatti, ha rappresentato il riscatto di un’intera città, Napoli, ancora oggi vittima di pregiudizi e maldicenze. Il popolo napoletano ha trovato in Maradona un simbolo, prima ancora che un calciatore.

Altri tempi, verrebbe da dire oggi. Eppure, non si può certo dimenticare questo storico successo. E nel celebrarlo, vogliamo ricordare una vecchia intervista fatta a Massimo Troisi. Il grande attore napoletano, con la sua immensa semplicità e genialità, parla del Napoli e dei napoletani. Gli azzurri non avevano ancora vinto lo scudetto, ma Troisi era già certo della vittoria finale.

Non scoppieremo. Stavolta, davvero, il Napoli fa sul serio – dice Troisi – E mi sembra anche giusto! Perché c’è sempre una polemica. ‘Ma come, con i problemi che avete a Napoli pensate al calcio?’ Cioè, non lo so, siamo proprio destinati a piangere, a stare sempre male? Dobbiamo essere obbligati a stare male? Ogni tanto viene anche qualche soddisfazione“.

Con queste parole, Troisi sintetizza perfettamente lo spirito e la voglia di rivincita che si respirava a Napoli 30 anni fa; e che si respira ancora oggi. Parole, queste di Troisi, che a distanza di tempo suonano più attuali che mai. E’ un pezzo d’Italia che vuole ribellarsi allo status quo, e sovvertire, almeno per una volta, le gerarchie del calcio italiano.

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