“Ricchione”, parola made in Napoli. Ma perché si dice così? Ecco la risposta


Frocio, finocchio, culattone ed innumerevoli varianti che sono soggette alle trasformazioni dialettali della parola. Si tratta, come ben sappiamo, dei sostantivi gergali, usati in modo dispregiativo e ignorante per definire l’omosessuale. Di dominio nazionale ormai esiste, inoltre, la parola ricchione, di esportazione napoletana ma diffusa anche in molte città settentrionali.

Da dove deriva precisamente l’etimologia del vocabolo? Il termine pone le sue radici nelle contaminazioni linguistiche che si sono verificate nella storia, soprattutto durante i periodi di dominazione straniera, la lingua parlata dal popolo mutava e si evolveva in base all’ambiente circostante, da cui assorbiva parole che facilitavano la comunicazione. Tuttavia ciò implica altresì un’incertezza, anche da parte degli stessi linguisti, in merito alla provenienza specifica del termine. Esistono diverse ipotesi, delle quali certe sono più avvalorate di altre. Andiamo a vedere.

  • – I Conquistadores. Dopo aver trascorso un periodo in Sud America, i Conquistadores spagnoli arrivati al porto di Napoli, emulando gli uomini al potere delle tribù Incas, portavano grossi orecchini ai lobi, i quali erano soggetti pertanto alla dilatazione, allungando l’orecchio. Inoltre, il fatto che erano stati molto tempo in mare, lontani quindi dal genere femminile, faceva pensare ad un periodo in cui si fossero arrangiati tra di loro, avendo rapporti omosessuali. Da qui, pertanto, “ricchioni”, dalle orecchie grosse.
  • – Una variante di questa ipotesi, inoltre, fa risalire la parola “ricchione” all’incrocio di due parole: recchia (orecchio in napoletano) e Maricòn (omosessuale in spagnolo).
  • – Un’ipotesi vicina è che la parola derivi da Orejon (in spagnolo, grande orecchio): quando i conquistadores arrivavano a Napoli, raccontavano storie della cultura Incas e tra queste c’era l’uso, tra gli uomini nobili, al fine di esercitare il potere con virilità e lontano dalle tentazioni della carne, di essere evirati da piccoli. Questi ultimi, inoltre, portavano all’orecchio grandi orecchini che dilatavano i lobi notevolmente. Un’altra usanza tipica era di cospargere polvere d’oro sulle orecchie di questi uomini, da qui il modo di dire tené ‘a povere ncoppo ‘e rrecchie”che fa riferimento al fatto che la persona di cui parliamo è omosessuale.
  • – Lontano da queste ipotesi ispaniche si colloca quella che fa derivare il termine da un verbo calabrese: arricchià, che significa letteralmente ad-hircare, ossia andare verso il caprone. Desiderare il caprone. In natura, la capra arricchia, cioè desidera il caprone, pertanto…
  • – Un’ulteriore spiegazione potrebbe risiedere in una radicata credenza popolare che voleva che gli orecchioni, la malattia, potesse rendere impotente l’uomo che l’avesse contratta, e di conseguenza “non adatto” alla riproduzione: “nun è bbuono”, molti direbbero ancora oggi. Da qui l’associazione agli omosessuali, anche essi “inadatti” alla riproduzione, anche se per altri motivi.

 

In ogni modo, le varie ipotesi si intersecano tra loro, con riferimenti simili e combinabili. Tuttavia, le parole nascono per evoluzione naturale della cultura,  senza connotazioni negative. Queste ultime arrivano quando i termini saranno contestualizzati, adoperati in un pragmatismo che costruirà, da solo, l‘identità della parola. Ogni parola è, per così dire, neutra. Siamo noi a conferirgli un significato o un altro, un’accezione positiva o negativa che in realtà prima non aveva.


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