Marco d’Amore: “Gomorra è la realtà, non è finzione ma è un grido di speranza”


Ciro di Marzio, alla stregua di molti personaggi della filmografia seriale, è divenuto un personaggio familiare, soprattutto a Napoli, in cui Gomorra riscuote un successo esorbitante.Come lui, gli altri personaggi della serie.

Una serie che, tuttavia, oltre al successo indiscusso, sta riscuotendo anche numerose critiche, a causa della dubbiosa immagine che esporta di Napoli, a causa dello spirito di emulazione dei ragazzi partenopei.

Marco d’Amore, il Ciro di Gomorra, ha rilasciato un’intervista a Il Corriere del Mezzogiorno, in cui esplica la sua opinione relativa a tali fenomeni, ritenendo Gomorra un servizio, anziché una cattiva pubblicità a Napoli:

“Sono stato tante volte a Scampia, non come Ciro ma come Marco. Lì ho conosciuto tante famiglie, ho stretto amicizie con la parte sana di quel quartiere che è molto estesa. Per loro Gomorra rappresenta un grido di speranza”. E, inoltre, afferma: “Gomorra raccoglie l’eredità pesante di ciò che è realmente accaduto lì. I dialoghi sono la messa in scena di intercettazioni reali. Nulla è finzione“.

Monica Scozzafava, la giornalista de Il Corriere, pone all’attore la questione dei bambini, della fruizione da parte loro della serie e il fatto che recitano per strada le battute di Gomorra: “I ragazzi guardano in tv tanti talk show politici e sentono tante volgarità. Che vogliamo fare, chiudere anche i talk show? Non diciamo assurdità. (…) Mia nipote che ha otto anni non guarda Gomorra. Nell’ora in cui c’è la fiction guarda i cartoni in un’altra stanza. Sta alle famiglie dare l’educazione giusta. Non si può attribuire a Gomorra questa responsabilità”.

Anche se c’è da dire che a scimmiottare le parole di Gomorra ed emulare gli atteggiamenti dei protagonisti non sono solo i bambini, ma numerosi ragazzi che si possono definire adolescenti o quasi uomini.

In ogni modo, Marco d’Amore, sottolinea come Gomorra non sia un luogo geografico, ma un “luogo della coscienza”, per cui non si tratta di un problema solo campano.

Secondo l’attore partenopeo, la serie porta consapevolezza circa la situazione che esiste e che non si può negare ed è la consapevolezza di una malattia che permette “all’ammalato di curarsi realmente”.

Per quanto riguarda l’assenza delle forze dell’ordine e quindi dell Stato, nella fiction, essa è necessaria: “il camorrista non li contempla”, spiega d’Amore, “e chi non vuol capire, mi dispiace dirlo, è ignorante”.

Denuncia contro denigrazione, speranza contro condanna, consensi contro critiche. Questo è Gomorra, attualmente. Un rapporto di odio e amore che lega la città di Napoli alla sua figlia cinematografica, seppur per qualcuno illegittima. Tuttavia, il nostro paese e la nostra cultura sono stati caratterizzati da molti film denuncia, firmati da grandi registi e, nei quali, il mafioso/camorrista/politico veniva completamente spogliato dalla sua autorevolezza sociale e dal fascino che ne derivava. Veniva visto per quello che era: una piaga da estirpare.


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