La ginestra etnea “invade” il Vesuvio. Gli esperti: “Può avere effetti devastanti”


Se si osserva attentamente il Vesuvio, soprattutto in quest’ultimo periodo, si noterà un colore giallo piuttosto pronunciato che sta letteralmente espandendosi sul vulcano più famoso al mondo. Merito (o colpa, dipende dai punti di vista) della ginestra etnea. Uno sviluppo davvero esteso quello della pianta, che sta lentamente risalendo fino alle pendici del vulcano. E non mancano su Facebook gli scatti di chi ha immortalato il paesaggio del Vesuvio completamente giallo. Immagini davvero suggestive, che però destano la preoccupazione degli studiosi.

In particolare, a parlare della ginestra etnea in toni preoccupanti sono gli esperti ricercatori di Botanica della facoltà di Agraria di Portici, dell’università Federico II. Il cambiamento principale che potrebbe verificarsi nel giro dei prossimi decenni, è principalmente estetico: d’inverno, il Vesuvio apparirebbe completamente verde. D’estate, invece, giallo. Una continua crescita di piante ed alberi che, di fatto, potrebbe “nascondere” il Vesuvio. Un rischio non solo però estetico, ma anche ecologico. Adriano Stinca, coordinatore del gruppo di lavoro che ha studiato il fenomeno, asserisce a Il Corriere del Mezzoggiorno: “Stiamo assistendo a una infestazione velocissima e molto consistente di una specie invasiva, aliena e trasformatrice. la sua azione di colonizzazione della sommità del Vesuvio muterà l’aspetto paesaggistico, con danni non solo ecologici difficilmente quantificabili“.

Secondo l’esperto, le ginestre potrebbero “bloccare” il passaggio che porta al cratere e nascondere il Gran Cono: “gli effetti dell’invasione della Genista aetnensis si ripercuotono sul microclima del Vesuvio e arricchiscono il suolo di sostanze che alterano la sua composizione, sottraendo spazio e nutrienti alle piante autoctone“. L’unica soluzione, sembra essere quella di un’eradicazione totale. Ma anche in questo caso, i rischi non mancano: “L’eradicazione indiscriminata rischia di creare smottamenti e frane, alterando l’equilibrio geologico del vulcano. Inoltre i semi dell’etnea, diffusi ovunque nel terreno, potrebbero paradossalmente beneficiarne e rifiorire nelle aree liberate dalla loro stessa specie. Le soluzioni comunque esistono, occorre mettere in campo un’azione di contenimento intelligente, studiando bene gli interventi da compiere“.


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