La lettera di una turista lombarda: “Grazie Napoli, tu si ‘na cosa grande pe’ ‘mme”


Tre giorni a Napoli nel weekend di Ferragosto. Tre giorni per guardare e toccare da vicino una città che viene giudicata solo per l’etichetta pregiudizievole che le hanno stampato addosso. Tre giorni per innamorarsi di lei. Che poi, in realtà, basta un tramonto a via Caracciolo, uno scorcio del Vesuvio o uno sguardo da Castel Sant’Elmo, per capire che “Napul’è ‘na cosa grande“. E a dirlo e (sotto)scriverlo è Fabiana Lo Coco, una turista di Pavia in visita in città. Sul suo profilo Facebook, ha dedicato a Napoli un lungo post, che ai romantici partenopei strapperà sicuramente una lacrimuccia:

“Mi hanno chiesto se sono ancora a Napoli.
Credo di sì, ho risposto. E forse è vero.
Mi sembra di sentire ancora l’odore dell’asfalto e dei motorini, misto a quello del mare.
E la pizza. Quel profumino delizioso a cui proprio non puoi resistere, e allora sì, ti lasci subito convincere a passeggiare lungo quelle stradine strette, dai palazzi altissimi dove le signore si sporgono dal balcone a parlare e ad aiutarsi a vicenda a stendere i panni, mentre assapori una pizza a portafoglio avvolta nel cartone, desiderando che duri il più a lungo possibile. E, una volta finita, non resisti comunque, perché lì non puoi non andare avanti ad assaggiare prelibatezze, devi per forza passare al babbà. alla sfogliatella, alla granita al limone, al caffè.
Mi sembra di sentire ancora le canzoni di Pino Daniele fischiettate tra una via e l’altra, mentre senza quasi accorgertene leggi fuori dai locali frasi in rigoroso dialetto napoletano, che ti fanno annuire per quanto sono vere e al contempo scuotere la testa con il sorriso sulle labbra per quanto sono assurde. E mentre pensi “non ci posso credere”, ti ritrovi avvolto dalla gentilezza e dalla disponibilità di chi vive lì e ti fa sentire come se fossi a casa tua.
Rivedo la frenesia, tra tutti quegli odori, i sapori e le voci che senti, e la sporcizia che per quanto strano possa sembrare, completa il quadro di una città che altrimenti non sarebbe la stessa.
Credo di non esagerare, paragonandola ad una donna passionale, spontanea, libera e strafottente. Una donna che ama camminare a piedi scalzi e chi se ne frega se per terra è sporco, e che se la importuni non ci pensa mezza volta ad alzare il dito medio, perché lei non ha paura di fare quello che vuole. Una di quelle donne che amano essere prese e baciate contro un muro, mentre le mani si infilano dappertutto.
Sì, se Napoli fosse una persona, sarebbe veramente una donna così.
Una di quelle che però, poi, al tempo stesso ha un’eleganza unica e solo sua: ed ecco che così ti affacci da Castel Sant’Elmo e la vedi in tutto il suo splendore, senza filtri, trucchi o inganni, con addosso il mare e, in lontananza, il Vesuvio che la controlla con quel solco centrale che sembra un sorriso.
E ti perdi a cercare dall’alto quel pezzetto di cuore che forse si è incastrato a Spaccanapoli tra un negozio e l’altro, o forse chissà, è rimasto da qualche parte sul lungomare di Margellina.
Sì, Napoli è questo, e non esistono altre parole per descriverla, solamente viverla in tutti i suoi colori e le sue sfumature, lasciandosi travolgere anche da ciò che non funziona per poterla apprezzare a pieno. Perché è proprio come la vita in fondo, piena di pregi e difetti.
E come tutte le cose che vale la pena vivere, mentre la osservi da lontano dopo averla vissuta pienamente, ti accorgi che tutta quella frenesia, tutte quelle voci, tutti quegli odori, tutte quelle sfumature, ti mancheranno ma resteranno per sempre con te.
No, non sono ancora a Napoli. Non fisicamente, almeno.
Ma con la testa e il cuore sì.
E voglio ringraziarla per tutte le emozioni che in questi tre giorni meravigliosi ha saputo donarmi; perché, lo ammetto, di città ne ho girate un bel po’, ma ciò che mi ha saputo trasmettere Napoli non me l’ha trasmesso nessuna, mai.
Ciao Napulè, tu si ‘na cosa grande pe’ ‘mme.


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