Faustinho Cané: il Pelè napoletano e quel nomignolo che deriva da una tazza


21 settembre 1939. A Rio de Janeiro allora ancora capitale del Brasile nacque Faustinho Jarbas. Non avete ancora capito di chi stiamo parlando? Allora forse è meglio che vi diamo un aiutino. Per chi non la sapesse, caneca è un termine che in portoghese significa boccale. Si tratta in particolare della tazza dalla quale si beve il latte quando si fa colazione. Il piccolo Faustinho ne era un amante e soleva tenerne sempre una in mano per soddisfare all’occorrenza questo suo grande bisogno. Fu così che la madre Imperialina gli attribuì il nomignolo di Canè, diminutivo appunto di caneca.

Il futuro attaccante mostrerà le sue qualità nell’Independiente Petropolis prima di passare all’Olaria dove disputò due stagioni tra il ’59 e il ’62 segnando 8 gol in 27 gare. Nell’estate di quell’anno, si trasferirà al Napoli per volontà dell’imprenditore e presidente Achille Lauro che in quell’occasione sborsò trenta mila dollari dell’epoca senza neanche confrontarsi con gli allenatori Monzeglio e Pesaola. Si dice che quest’ultimo rimase folgorato dal colore della pelle del calciatore che quando vide la foto del brasiliano per la prima volta esclamò “Chisto me piace pecché è ‘o cchiù niro ‘e tutte quante! Chisto fa mettere paura a tutte ‘e difensore”. Poco male. In maglia azzurra, Cané giocherà 7 stagioni con un bilancio di 49 reti in 166 presenze e una Coppa delle Alpi (1966) in bacheca. Insieme ad Altafini e Sivori, con Pesaola in panchina, compose uno dei tridenti più forti del calcio italiano ed anche uno dei più incompiuti. “Didì, Vavà e Pelé site ‘a guallera ‘e Canè”, era il coro che maggiormente echeggiava in quel periodo nella curva B del San Paolo. Dopo una breve esperienza a Bari, ritorna all’ombra del Vesuvio dove, nel ’75, concluderà a 35 anni la sua carriera da giocatore.

Successivamente, Cané intraprenderà anche l’esperienza da allenatore non solo sulla panchina partenopea su cui siederà in due occasioni nel ’76-’77 e nel ’94-’95 (in quest’ultimo anno farà da supporto ad un tale Vujadin Boskov, sprovvisto del patentino federale), ma anche su quelle di Frattese, Turris, Afragolese, Sorrento, Campania Puteolana, Sambenettese, Juve Stabia ed Ischia Isolaverde.

“Amo molto Napoli che ha molte analogie con Rio ma non posso nascondere che vi sono grossi problemi: viviamo tutti male, fra strade malridotte, dissesti idrogeologici, verde trascurato, monumenti abbandonati o maltrattati come la Villa Comunale, trasporti inefficienti, servizi ridotti all’osso e mal gestiti. Basterebbe poco per migliorare le cose ma forse manca la volontà di reagire alla rassegnazione e mettere mano a tanti piccoli provvedimenti che renderebbero più vivibile questa magnifica capitale del Mediterraneo. E, per tutto quello che vedo ogni giorno, i napoletani lo meriterebbero assolutamente”. Null’altro da aggiungere… Tanti auguri, Cané!


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