Poste Italiane, sciopero nazionale il 4 novembre: i cinesi alla finestra


Stavolta la lettera nella buca delle poste è proprio la loro, quella delle associazioni e dei sindacati di categoria legati a Poste Italiane, un lungo comunicato per consegnare al Governo un messaggio sostanzialmente semplice: venerdì 4 novembre ci sarà lo sciopero nazionale dell’intera azienda. Molto più complesse le motivazioni che hanno portato a tale decisione (presa all’unanimità, eccetto che per Uil Uniposal). Oltre a chiedere il mantenimento dell’azienda a maggioranza pubblica, i sindacati rivendicano, infatti, gli investimenti previsti dal piano industriale, un miglioramento del servizio di recapito postale  quotidiano (e non a giorni alterni) e una valorizzazione dei dipendenti attualmente trattati come semplici venditori alla rincorsa dell’obiettivo di budget, e non come personale a servizio del cliente.

Per la precisione lo sciopero, si legge nella nota comune emessa dai sindacati di categoria, durerà dalle ore 00:00 del 3 novembre sino alle 24:00 del giorno successivo. Inoltre, previste agitazioni anche durante il periodo che va dal 24 ottobre sino al 23 novembre, lasso di tempo durante il quale è proclamato uno sciopero legato alle prestazioni aggiuntive rispetto all’orario standard e relativo alla flessibilità operativa.

A far infuriare i lavoratori e i dirigenti di Poste Italiane anche le voci secondo le quali l’azienda potrebbe ben presto finire nelle mani dei cinesi pigliatutto (specie proprio in Italia). E’ questa la notizia già anticipata a metà settembre da un articolo comparso su Il Sole 24 Ore, che parlava di un possibile ingresso da parte del Governo di Pechino nell’azienda italiana. Notizia attualmente non confermata in maniera ufficiale né dal Paese del Sol Levante né dal nostro, ma che sta già creando perplessità e preoccupazioni tra gli addetti ai lavori, i quali il 4 novembre scenderanno in piazza, a Roma, anche per questo.

Chissà se il messaggio sarà ben recepito dallo Stato. In caso negativo, non è da escludersi che i sindacati tornino a bussare alle porte del Governo con ancor maggior vigore. In fondo, si sa, il postino bussa sempre due volte!


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