TESTIMONIANZA DA ISCHIA / Approssimazioni pericolose, verità sepolte come le vittime


Riceviamo e pubblichiamo una lettera giunta in redazione da una superstite del terremoto che ha colpito Casamicciola sull’isola d’Ischia. La testimonianza è in linea con la nuova localizzazione del terremoto comunicata solo ieri in via ufficiale. E quindi se in un primo momento l’epicentro era stato segnalato in mare aperto, la verità giunge solo a giorni di distanza. Epicentro sulla terra ferma con una scarsa profondità. Ergo, una bomba scoppiata sotto i piedi degli abitanti. Eppure l’opinione pubblica nazionale con cinismo pregiudiziale ha incentrato le sue speculazioni dialettiche sull’abusivismo edilizio facendo maturare un sentimento di freddezza e di mancata solidarietà verso gli abitanti dell’isola. Una circostanza insolita rispetto alle altre tragedie che hanno in passato colpito il nostro Paese. Nessuna raccolta fondi, anzi insulti a suon di post, like e condivisioni su facebook.

Di seguito la lettera:

Mi chiamo R. M., e vi scrivo in qualità di “superstite”, unico termine realmente rispondente alla realtà delle cose, del terremoto che ha colpito l’isola di Ischia, il giorno lunedì 21 agosto 2017.

Vi scrivo per restituirvi uno scorcio reale e concreto di quanto avvenuto sull’isola terremotata, che reputo non sia adeguatamente emerso dagli articoli e dai servizi giornalistici finora offerti all’opinione pubblica.

Dalla stampa, infatti, emerge la versione quasi corale di un’isola vittima di un terremoto insignificante, di una scossa minima, le cui conseguenze devastanti si dovrebbero solo all’inadeguatezza delle strutture abitative presenti sull’isola.

Ho vissuto i tragici momenti del sisma all’interno di una struttura alberghiera perfettamente edificata e ubicata proprio nella regione più colpita dell’isola (località La Rita), in cui il sisma è stato di un’intensità tale da far meravigliare di come gli edifici abbiano potuto reggere a tali sollecitazioni.

Il terremoto ha colto me, insieme ad un centinaio di persone, ad ora di cena. La maggior parte degli ospiti si trovava nella sala da pranzo, ubicata al piano terra dell’edificio. Io, invece, ero in camera, al primo piano, appena rientrata.

Al momento dell’inizio del sisma, posso testimoniare di aver avvertito una scossa fortissima, devastante, accompagnata da un forte boato. Il pavimento è venuto a mancare più volte sotto i miei piedi, mentre mi faceva rimbalzare continuamente verso l’alto, come se fossi stata una pallina da ping-pong palleggiata su una racchetta. L’intensità del sisma mi ha a mala pena permesso di pormi al di sotto dell’architrave della porta della mia stanza, e, successivamente, è stato necessario attivare la torcia del cellulare per guadagnare, attraverso le scale, l’uscita dall’albergo.

Da tali percezioni e dall’osservazione dei danni riportati dall’edificio, è evidente che non si sia potuto trattare di effetti propri di un III-IV grado della scala Richter, ossia di un II-III grado della scala Mercalli, quanto, piuttosto, di un VI-VII grado della scala Mercalli, che corrisponderebbe ad un V-VI grado circa della scala Richter (cfr. http://www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/Scala_MCS.pdf), il che vedrebbe il sisma di Ischia tristemente vicino al disastro che ha colpito le popolazioni del centro Italia, ormai un anno fa.

Negli spazi aperti in cui siamo stati condotti e radunati da albergatori sempre presenti e vicini a qualsiasi nostra esigenza, dai pochi ospiti dell’albergo rimasti lucidi non si sentiva dire altro che “siamo fortunati a poter raccontare tutto questo”. Su ciò, nessun dubbio. Ma non reputo che ci si possa ritener fortunati a non trovare nessuno pronto ad ascoltare tutto questo, ossia la storia di un albergo rimasto praticamente intatto nella zona in cui il terremoto è stato avvertito al massimo della propria intensità.

Spero possiate aiutarmi a diffondere queste verità, che il mio senso civico non accetta di vedere ancora sepolte insieme alle case ed alle vittime, coinvolte in approssimazioni pericolose che rischierebbero di metterne in discussione la dignità.

 


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