La camorra trionfa alla faccia nostra: complice uno stato sordo e un sindaco distratto


La camorra trionfa, ancora una volta. Tra lotte intestine che coinvolgono i clan in un continuo tutti contro tutti, trova il tempo di affermare la sua egemonia, il controllo millimetrico e capillare del territorio. Costringono alla resa anche Salvatore Castelluccio, il parrucchiere napoletano che nel 2015 denunciò il pizzo. Saluta tutti, abbassa la saracinesca. Lo Stato non ha perso, perché la lotta non è mai cominciata, la criminalità organizzata festeggia l’ennesimo atto di forza che prosciuga un territorio, toglie speranze e ridicolizza una nazione che da tempo ha voltato le spalle al popolo. Le seppur incisive azioni delle forze dell’ordine e di una magistratura più veloce e severa, non bastano per intraprendere una seria azione repressiva nei confronti dei clan camorristici.

La camorra aveva ordinato di non varcare più la soglia dell’attività di Sasà utilizzando lo strumento del condizionamento intimidatorio. Un classico che funziona, quasi sempre. La sorte toccata al parrucchiere di Largo Ecce Homo segue quella del salumiere di Forcella, Ciro Scarciello. E non si può dimenticare la storia dell’imprenditore coraggio Luigi Leonardi.

Il terreno è però fertile, i cittadini diversamente dal passato mostrano chiaramente una crescente intolleranza nei confronti della camorra. Denunciano di più, riuscendo come ad Ercolano a sconfiggere la malavita con l’aiuto delle istituzioni dimostrando che si può, ma quando lo stato è presente e non disertore.

Da destra a sinistra, a prescindere dall’orientamento politico, la lotta alle mafie è scomparsa dall’agenda di lavoro di qualsiasi governo nazionale, così come la questione meridionale viene evocata per riscuotere consensi con parole vuote, perché di fatti concreti neanche l’ombra. Napoli e il Sud sono abbandonati a se stessi. Lo Stato subappalta la gestione della disperazione alla camorra che si occupa di distruggere il territorio per aumentare le ricchezze. E poco importa se di mezzo c’è la vita dei cittadini. Diversamente rispetto alle origini camorristiche, la protezione dei cittadini non rientra tra le tecniche maneggiate per riscuotere il consenso sociale. La camorra ha puntato sulla forza, elevandola ai suoi massimi storici, alle profittevoli relazioni con imprenditori e politici.

A Napoli il sindaco, come qualsiasi altro d’Italia, non ha strumenti efficaci per combattere il male assoluto del Paese. Ma un uomo che nel suo curriculum vanta il prestigioso ruolo di magistrato dovrebbe porre la questione criminale al primo posto negli incontri con i rappresentanti dello Stato. Levare un grido di battaglia e armarsi fino ai denti.  Occorerebbe che lui si facesse portatore di un interesse generale che, invece, viene spudoratamente dimenticato da lui come da qualsiasi altro esponente della politica del nostro Paese. La criminalità, che sia camorra o mafia, va considerata come una emergenza nazionale, non può costituire un problema napoletano o meglio meridionale. Le mafie stanno spostando velocemente i propri interessi al Nord, tutti prima o poi dovranno fare i conti con un interlocutore ricchissimo, armato e senza pietà. Il futuro della Nazione dipende da quanto la criminalità riuscirà a penetrare, fino a gestire totalmente, i processi dell’economia sottraendoli alla sovranità della Stato.


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