In Campania 3.404 beni confiscati alla camorra: ripartenza della nostra economia

Fonte ediliziaeterritorio.ilsole24ore


A luglio di quest’anno, risultavano, secondo dati rilasciati da Libera Campania, ben 3.404 immobili confiscati alla camorra; Di cui la metà ancora gestiti dall’ANBSC (Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), l’altra metà già destinata ad Enti Locali, in particolare ai comuni di riferimento, diretti responsabili dei suddetti beni.

I beni confiscati alla camorra si sono rivelati, nel corso degli anni, incredibili trampolini di lancio all’industria e l’economia della Campania. In un contesto di stasi dell’edilizia, di difficoltà a far ripartire nuclei produttivi da zero a causa delle abnormi spese di realizzazione di questi centri, la possibilità di sfruttare queste strutture come punti di “ripartenza” risulta cruciale allo sviluppo di un’economia, come quella Campana, che fa parecchia fatica a ripartire.

Lungimirante esempio di questa – Potenziale – riqualificazione urbana è il celebre “Parco Faber” di Castel Volturno, ex Parco Allocca, potenzialmente uno dei più potenti nuclei di creazione creativa ed economica, capace da solo di far ripartire una gran fetta dell’economia locale. Purtroppo il “potenzialmente” è dato dai difficili iter burocratici, dalle inadempienze e dal disinteresse nei confronti di queste già consolidate idee in gestazione. Con I suoi 6.000 mq di aree verdi, su cui si trovano 34 ville confiscate e un lago artificiale, il Parco Faber sarebbe il più esteso centro produttivo di Cultura del Mezzogiorno, un punto dal quale porre le basi alla lotta contro criminalità e la desertificazione di queste zone (dove la possibilità di trovare lavoro, specialmente per i giovani, è particolarmente nebulosa).

 

Parco Allocca, Castel Volturno // Fonte ediliziaeterritorio.ilsole24ore

Come già specificato, più della metà di questi beni confiscati alla camorra cadono nel dimenticatoio, diventano carte da archiviare, e con loro si perdono le idee, i progetti, le plausibili nuove destinazioni d’uso che questi luoghi potrebbero avere. In aree già fortemente periferiche, alienate dal degrado cui sono state versate dalla criminalità organizzata (la camorra ndr) perdere l’occasione di dare “alternative” concrete alla popolazione locale diventa una colpa. Quando si fa riferimento a queste aree, non si tratta di semplice riqualificazione, ma di un vero e proprio riassetto del territorio, che può partire dal simbolo dei soprusi e del degrado, quale può essere un bene confiscato alla camorra, per dare opportunità di lavoro e giustizia sociale ad una popolazione già fortemente vessata.

Se da una parte le idee non mancano, è oggettivo che quello che è stato fatto fino ad ora, non basta. Vuoi per i pochi fondi, vuoi per l’intricata burocrazia che impedisce la facile assegnazione, vuoi anche per una mancata volontà di fare, questi beni faticano ad avere il ruolo cardine che dovrebbero avere nel far ripartire la produttività delle nostre aree. E pure sono lì, lasciate a se stesse, prossime all’abbandono; Si rischia di mandare un messaggio sbagliato, un messaggio orribile: a nessuno interessa?

Fonti statistiche

  • Libera Campania
  • ANBSC (Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata)

Foto

  • ilsole24ore
  • ilgiornaledell’architettura


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