Campi Flegrei, Osservatorio Vesuviano: “Evacuazione come in Giappone, le zone più a rischio”

I Campi Flegrei


Da un  po’ di tempo, si parla dell’ Emergenza dei Campi Flegrei e del rischio eruzioni improvvise che non possono essere predette. E’ infatti diventato giallo il rischio di emergenza e sull’argomento, come rende noto il corriere.it si esprime Giuseppe De Natale vulcanologo e direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che ha pubblicato sul suo profilo facebook un post che analizza la situazione da un punto di vista scientifico dicendo

Si parla molto dei piani di emergenza e della crisi in atto ai Campi Flegrei. Come opinione personale, dettata dalla mia esperienza lavorativa, vorrei chiarire alcune cose al riguardo. Prima di tutto, spesso alcuni pensano che si vogliano tenere segreti i risultati delle ricerche scientifiche; come se gli specialisti del settore sapessero tutto, ma per vari motivi non volessero diffondere questa conoscenza alla popolazione.

Purtroppo non è così; sistemi estremamente complessi e non riproducibili in condizioni controllate sono molto difficili da interpretare in maniera deterministica. In parole povere  è molto difficile prevedere l’evoluzione di una crisi vulcanica, e sicuramente non è possibile farlo con certezza. Quando si tratta poi di caldere, che sono i vulcani meno conosciuti, l’incertezza è ancora più marcata.

Per quanto riguarda quindi i piani di emergenza, questi devono naturalmente tener conto di queste incertezze intrinseche. Vorrei anche sgombrare il campo da ipotesi ‘complottiste’ di ogni genere: tutti gli enti coinvolti, in primis la Protezione civile a tutti i livelli (nazionale, regionale, locale) fanno del loro meglio per affrontare questo problema molto arduo”.

Lo studioso in seguito focalizza la sua attenzione sulla difficoltà che riguarda il gran numero di abitanti “Il problema più grande, però, è che le nostre zone rosse contengono 700-800 mila persone. Questo vuol dire che un’evacuazione comporta dei disagi infiniti per la popolazione e dei costi economici stratosferici. In poche parole, la decisione politica di evacuare, con costi e disagi immensi, deve essere presa pur sapendo che c’è un’altissima probabilità (probabilmente anche molto maggiore di quella contraria) che l’eruzione non avvenga. Questo è già successo, con l’evacuazione di Pozzuoli negli anni ‘80. In queste condizioni, una tale decisione ha un peso politico enorme, ed è lecito chiedersi se chi dovrà prenderla non si lascerà ‘tentare’ dall’ attendere risposte più certe (finché i segnali precursori aumentino ancora in maniera cospicua, o rientrino); con il rischio ovviamente che l’eruzione avvenga all’ improvviso prima che si riesca ad evacuare”.

Riporta poi l’esempio Giapponese scrivendo:“Un approccio diverso e a mio avviso interessante, ci fu spiegato dal professor Masato Iguchi, Direttore dell’Osservatorio del Sakurajima, quando visitò l’Osservatorio Vesuviano, invitato da me che ne ero il direttore, nell’ottobre 2015. Il Sakurajima è un vulcano vicinissimo alla città di Kagoshima, nel Sud del Giappone, che vista dall’alto con il suo vulcano è incredibilmente somigliante a Napoli con il Vesuvio. Kagoshima con i suoi dintorni contiene circa 900.000 abitanti, esposti al rischio vulcanico del Sakurajima, parte di una grande caldera di nome Aira e vicina ad altre più piccole (analoga quindi alla nostra situazione tra Vesuvio, Campi Flegrei ed Ischia).

I piani di emergenza da loro prevedevano una serie di livelli (più o meno come i nostri) in cui però, partendo da un certo livello, si iniziava ad evacuare la popolazione in un piccolo raggio intorno alla probabile bocca eruttiva; e ad ogni livello successivo, aumentava progressivamente il raggio dell’area da evacuare. In questo modo, si rende l’evacuazione progressiva, a partire da un certo livello ed ampliando la zona evacuata man mano che i segnali precursori divengono più chiari e più critici. Forse, un tale approccio potrebbe essere ancor più appropriato nelle nostre aree. Insomma, credo che questo modello sia da studiare, ed eventualmente in futuro adottare anche da noi”

Nel post, continua dichiarando quali sono le zone più esposte:“Oggi tutti gli indicatori puntano, come zona più a rischio, quella di Solfatara-Pisciarelli; pertanto, probabilmente un piano simile prevederebbe ad esempio l’evacuazione dell’area Solfatara-Pisciarelli-Agnano. Se non altro, perché oggi molte ricerche evidenziano il problema di possibili esplosioni freatiche in zona”.

Ma pochi giorni fa ha destato non pochi sospetti la cancellazione di alcuni video su youtube che riportavano il contenuto delle 3 giornate dedicate alla vulcanologia ed alla zona Campi Flegrei/Ischia, prima caricati e poi rimossi. Sul fatto si è espresso ieri  l’Istituto nazionale di geofisica e Vulcanologia che con una nota ha precisato che “l’incontro è stato trasmesso in diretta streaming a tutto il personale Ingv, ma proprio per il carattere interno e particolarmente tecnico della discussione scientifica non ne era prevista la diffusione all’esterno. Non sono emerse indicazioni di allarme imminente, ma tanto meno è stato possibile rassicurare sull’ inesistenza del pericolo”De Natale però commenta su facebook “Confermo che le riprese e i video li ha fatti e pubblicati l’ Ingv”.


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