10 agosto 1860, massacro di Bronte: contadini fucilati in nome dell’Unità d’Italia


Bronte è una cittadina in provincia di Catania, situata ai piedi dell’Etna ed è famosa oggi per essere la “capitale del pistacchio”.

Pochi sanno però che durante il periodo unitario è stata teatro di uno dei massacri più feroci della storia, noto come l’Eccidio di Bronte. Era tra i luoghi più depressi della Sicilia e i contadini affamati, incoraggiati dalla notizia dello sbarco dei Mille decisero di occupare le terre ma la loro ribellione fu repressa dai garibaldini. Questi fatti, che si svolsero dal 2 al 10 agosto, hanno ispirato Florestano Vancini nel 1972 che mise in scena “Bronte, cronaca di un massacro” mandato in onda dalla Rai una sola volta.

I contadini occupando le terre reagivano anche ad un caso di assenteismo, poiché i proprietari che erano inglesi non si erano mai visti. Ma l’Inghilterra era una potente nazione da non farsi nemica, così a reprimere la sommossa fu mandato il meno scrupoloso dei conquistatori garibaldini, ovvero Nino Bixio.

Bronte: cronaca di un massacro di F. Vancini, 1972

Furono 16 le vittime tra i membri altolocati di Bronte, decine le case incendiate, furono arrestati molti civili con conseguenti condanne a morte e la fucilazione di 5 cittadini.

All’alba del 10 agosto, i rivoltosi siciliani condannati vennero portati nella piazzetta antistante il convento di Santo Vito e collocati dinanzi al plotone d’esecuzione di Nino Bixio, braccio destro dell’eroe dei due mondi. Alla scarica di fucileria morirono tutti ma nessun soldato ebbe la forza di sparare a Fraiunco (lo scemo del villaggio, incapace di intendere e di volere e arrestato solo perchè aveva suonato una trombetta per strada). Fraiunco risultò incolume. Il poveretto, nell’illusione che la Madonna Addolorata lo avesse miracolato, si inginocchiò piangendo ai piedi di Bixio invocando la vita. Ricevette una palla di piombo in testa e così morì, colpevole solo di aver soffiato in una trombetta di latta”. Così scrisse Ferdinando Mainenti, ne “L’eccidio di Bronte del 1860”.

«La Maronna mi fici’ a grazia, mi la facissi puri vossia» (“la Madonna mi fece la grazia, me la faccia pure lei”), così Fraiunco implorò Bixio che a quel punto ordinò «Ammazzate questa canaglia».

Anche nella letteratura viene ricordata questa strage: nel racconto Libertà inserito tra le Novelle rusticane di Giovanni Verga, da Sciascia ne La corda pazza, ed inoltre sono citati anche da Carlo Levi che ne “Le parole sono pietre” descrive Bronte nel dopoguerra. Una delle tante vicende sanguinose provocate dall’Unità d’Italia che i libri di storia ignorano e non raccontano.

Fonti:

Comune di Bronte
La Stampa
Cesare Abba, Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, 1891
L.Riall, “La Rivolta. Bronte 1860”, Bari, Laterza,2012

Tratto dal film di Florestano Vancini

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