Gad Lerner: quando fare a tutti i costi il bastian contrario ti fa cadere nello stereotipo


“La napoletanità tracima spesso in una retorica da cui una persona intelligente come Pino Daniele non a caso ha scelto di prender le distanze”: è questo il tweet di Gad Lerner, giornalista e scrittore, che ha voluto dire la sua come tutti i personaggi più o meno famosi dopo la morte di Pino Daniele. Ecco, ha voluto dire la sua come tutti i personaggi più o meno famosi, perché ormai ogni persona che sia passata in TV sente il bisogno di commentare proprio tutto, come se fosse una funzione necessaria del corpo umano. È vero, si tratta dell’esercizio della libertà di pensiero e di parola che in nessun caso deve essere limitato, però esiste anche qualcosa che si chiama buon senso il quale, se presente nell’individuo, di volta in volta dà buoni consigli sul come comportarsi in determinate situazioni. In questo caso l’impressione, non soltanto mia e non soltanto di chi è napoletano, è che Gad Lerner non avesse un reale pensiero idoneo a ricordare, commemorare, omaggiare l’artista Pino Daniele, e allora se n’è uscito così, con una dichiarazione che come minimo stona con l’atmosfera di lutto che ha travalicato i confini napoletani, assumendo quelli europei se non mondiali, visto che tantissimi quotidiani del nostro e del continente americano hanno riportato la notizia della morte di Pino, asserendo una grave perdita per l’arte.

Oltre a motivi di opportunità, è proprio l’affermazione di Lerner in sé a fare acqua. Non si capisce in che modo e quando Pino Daniele abbia preso le distanze dalla retorica in cui la napoletanità spesso tracimerebbe, né  quali sono le circostanze e le modalità di questa tracimazione, di tale deriva. Dopo le polemiche che hanno scatenato il tweet, il giornalista non si è curato di chiarirne il senso, il che può essere sintomo di noncuranza e albagia verso la gente che chiede spiegazioni, o di incapacità di farlo perché un senso non c’è, o di semplice voglia di rigurgitare ancora su una città e il suo sentire profondo. Sì, rigurgitare ancora, perché già in occasione dei funerali di Ciro Esposito Gad Lerner aveva detto: “È stata una grande manifestazione civile e composta, eppure il raduno a Scampia per l’estremo saluto a Ciro Esposito mi ha fatto paura”. Perché ha avuto paura non l’ha illustrato il buon Gad, né l’ha fatto successivamente: l’ha detto e basta, come i ragazzini che gettano un petardo in strada e poi scappano per non farsi sgridare.

Se la retorica è letteralmente e tradizionalmente l’arte del ben parlare, oggi viene usata per significare un atteggiamento ridondante e povero di contenuti, dunque la retorica della napoletanità dovrebbe consistere in tutti quegli atteggiamenti che la rendono eccessiva e vacua, ciò che ultimamente si definisce napoletaneria, ossia l’insieme degli stereotipi negativi che a volte hanno un fondamento reale, e più spesso sono frutto di leggende non di rado create ad arte. La napoletanità perciò, come ogni cosa, una deriva negativa ce l’ha, tuttavia Gad Lerner non ha fatto il ragionamento sopra, altrimenti non lo avrebbe espresso in questi termini o, meglio, avrebbe optato per tutt’altre parole o per il silenzio, non essendo quello il modo corretto per rendere omaggio a un artista appena scomparso. Il nostro Lerner, in definitiva, come per i funerali di Ciro è voluto andare controcorrente e dissociarsi, atteggiamento che non può che essere ammesso, ma a suo tempo, se no serve soltanto ad attirare l’attenzione su di sé, come nei fatti è avvenuto. Per fare il bastian contrario, inoltre, egli non ha fatto altro che attingere a un ben noto serbatoio, quello dei luoghi comuni antinapoletani, seppur in maniera riflessa – se la napoletanità “tracima spesso”, significa che la maggior parte delle volte si ha tale degenerazione e, di conseguenza, quella che dovrebbe essere un’eccezione diventa una regola: è proprio ciò contro cui lottiamo ogni giorno, lo “sputtanamento” di Napoli e dei Napoletani, dal quale Gad Lerner, non a caso, ha scelto di non prendere le distanze.


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