Reddito di cittadinanza: una grande invenzione dei Borbone


Il dibattito sull’assegnazione di un eventuale reddito di cittadinanza da assegnare alla popolazione in condizioni di povertà, ha visto coinvolto in primis il Movimento 5 Stelle, che alla tutela delle persone bisognose ci tiene in particolar modo.

In Italia c’è troppa diseguaglianza economica e la maggior parte dei poveri che vivono in situazioni drammatiche e che vengono totalmente ignorati sono registrati al meridione.

Come ha scritto Gennaro De Crescenzo del Movimento Neoborbonico, sulla questione c’è chi pensa che in questo modo si avvantaggia il Sud e chi invece crede che si rischia di cadere nel solito gioco dei furbi.

In pochi però sanno che solo con il governo all’avanguardia e attento dei Borbone il Sud ha ricevuto le giuste attenzioni. Da una ricerca effettuata presso la Collezione delle Leggi e dei Decreti del Regno delle Due Sicilie sono spuntati numerosi assegni e sussidi messi a disposizione della popolazione in difficoltà economiche e con un reddito inesistente.

Con il decreto n.131 datato 4 gennaio 1831 si provvedeva a conferire un “assegno di disoccupazione per coloro i quali non possono assolutamente con il proprio travaglio sostenere se medesimi e la di loro famiglia”.

I sussidi potevano essere temporanei o perpetui per chi “per fisico impedimento non potrebbero mai più sostentarsi con il loro travaglio”.

A decidere se l’assegno doveva essere prolungato per altro tempo senza diventare frutto di inerzia era la Commissione la quale dava preferenza a giovani orfani o abbandonati, vedove con figli in tenera età, vecchi, ciechi, individui isolati e tanti altri ancora.

La Commissione disponeva inoltre di un fondo speciale che veniva utilizzato in caso di “soccorsi urgenti”. La discrezione era cosa importantissima e l’identità di tutti coloro che avevano diritto all’assegno restava segreta: “considerando esservi degl’individui o famiglie di tali condizioni che aborriscono il far manifesta la propria indigenza, la Commessione assumerà a sé il pietoso ufficio di ricercarle e conoscerle in modi occulti e diligenti onde prestar loro il soccorso che meritano con l’obbligo di custodire segretamente quelle notizie”.

Ma non finisce qui perché tutti i richiedenti che erano insoddisfatti della scelta presa dalla Commissione avevano la possibilità di presentare anche un ricorso.


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