In carcere per stupro e omicidio, esce dopo 34 anni: era innocente


In una nazione come l’Italia, dove spesso il sistema giustizia si confonde facilmente con una semplice grottesca barzelletta, dove la disonestà è perfettamente tollerata ai più alti piani della società e della politica e, anzi, chi si macchia di colpe più o meno gravi diventa una celebrità (si pensi ai vari Schettino e Corona) guadagnandoci bei soldi, in una nazione così, dicevamo, non è qualcosa di anormale il fatto che i comuni cittadini, quelli che vivono una vita normale fatta di lavoro e sacrifici, abbiano voglia di giustizia, sono pienamente normali la frustrazione e l’insoddisfazione verso un sistema che non tutelando e non premiando chi è onesto, di fatto incentiva la commissione di illeciti, poiché il disonesto sa che in qualche modo, comunque vada, avrà un certo vantaggio.

Per questi motivi nelle chiacchiere da bar, di strada o sui social networks, è facile imbattersi in discorsi dove le persone si auspicano pene esemplari, addirittura la pena di morte, comminate senza processo o con procedimenti sommari e popolari. Provate a visitare la pagina Facebook di un qualsiasi quotidiano italiano e leggete i commenti a notizie, per esempio, di cronaca nera, nei quali la condotta di una persona ha causato la morte di altre. Leggerete insulti, anatemi, auspici di morte. Colpa, o merito, di quella voglia di giustizia che è un’ideale molto lontano e al quale l’Italia non sa, non vuole avvicinarsi; colpa, o merito, anche di chi gonfia le notizie e allo stesso tempo dà grande visibilità a personaggi che spesso non hanno mai lavorato, avendo il solo pregio di avere un seno rifatto, un bel faccino, aver partecipato a un programma da quattro soldi e così via. Tale situazione provoca disagio alla cittadinanza, che assiste al benessere di chi delinque e/o non lavora, non ha un talento. Molte, grandi colpe hanno i Media in ciò, o meglio, le ha chi tradisce il lettore/telespettatore somministrandogli notizie spazzatura, tacendo invece su ciò che merita risalto, ma risparmiamoci per oggi questo argomento che si intreccia strettamente (anche) a dinamiche di potere, che tende a disinformare e distrarre le masse.

Lewis Fogle nel 1981 fu condannato all’ergastolo per lo stupro e l’uccisione di una ragazzina di 15 anni, un fatto avvenuto negli Stati Uniti nel 1976. Nel ventre della ragazza fu trovato del liquido seminale, però il test del DNA allora non era stato ancora introdotto e, effettuato nel 2015 grazie alla pressione di alcuni avvocati impegnati nel riesaminare vecchi casi, ha dato come risultato che quello non era lo sperma di Lewis Fogle, il quale dunque è innocente. Fogle fu condannato sulla base delle testimonianze di 3 detenuti, che affermavano di averlo sentito raccontare dello stupro/omicidio, e di un’altra persona la cui testimonianza scaturì attraverso l’ipnosi. Da allora Lewis Fogle ha scontato 34 anni di carcere: 34 anni sottratti alla vita di un uomo, pensateci bene, immaginate di essere lui per due minuti.

Nel 1981 i quotidiani hanno riportato la notizia della condanna di Lewis Fogle. Immaginate quella notizia riportata oggi, immaginate di leggere e ascoltare le opinioni della gente, immaginate una immediata castrazione o esemplare esecuzione in piazza. Un processo che dura anni può giungere a una decisione sbagliata, figuriamoci uno fatto in preda all’isteria collettiva. Eppure esistono personaggi, per esempio alcuni “uomini verdi” (e non solo, anzi), che cavalcano i sentimenti più bassi della popolazione e la esasperano ancora di più, la manipolano, con il risultato di incattivirla e imbarbarirla. Siamo sicuri di volere un modo così? La politica e i Media hanno preso la propria decisione dalla quale non si può più tornare indietro? Vogliamo essere barbari, vogliamo essere manipolati e usati, oppure uomini liberi in grado di pensare?

Giustizia sì, ma è giustizia anche dare a ognuno ciò che merita, ricordando che come sbaglia di commette un reato, così può sbagliare il suo giudice, che abbia la toga o sia un comune cittadino.


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