Grazie al crack del Banco di Napoli di 20 anni fa, oggi si salvano le banche del Nord


Il Banco di Napoli, il crack di vent’anni fa e l’acquisto da parte della Sga. Territori già esplorati ma che restano, a tratti, avvolti in una specie di mistero finanziario. O meglio, in dinamiche che sono palesi agli occhi di economisti esperti, ma non esplicitate alla massa, pubblico ormai non più meravigliato.

Il Corriere del Mezzogiorno, a proposito dell’acquisto da parte del Governo della Sga, ha analizzato il caso che ha riguardato il Banco di Napoli, il quale si è rivelato l’unico caso europeo di bad bank virtuoso.

Si perché il Banco di Napoli fu acquistato dalla Sga (Società per la Gestione delle Attività) il 31 dicembre 1996, data in cui si contava nel Banco partenopeo un buco finanziario di 6,4 miliardi di euro; attualmente pare che la Sga è riuscita a recuperare il 90% dei crediti che risultavano all’epoca inesigibili o incagliati. Proprio il mancato pagamento da parte di quei creditori (tra cui Ferlaino, Ligresti, partiti politici, famiglie ed enti pubblici) fece crollare il Banco di Napoli dopo 500 anni di storia, durante la gestione di Ferdinando Ventriglia, il grande banchiere che era a capo della banca napoletana ormai da anni.

In pratica, la Sga il 31 dicembre 2016 compierà 20 anni e nelle casse si contano circa 600 milioni di euro, tra gli utili e i crediti recuperati in questi anni. E se la questione viene guardata da un altro punto di vista, il crack del Banco di Napoli ha restituito circa 6 miliardi di euro, cifra destinata a salire dato che sono ancora in corso alcune pratiche di recupero.

Di questa cifra, 430 milioni rappresentano la liquidità vigente, a cui il Governo Renzi punta per risanare tutte le patologie degli attuali Istituti di credito in crisi. Il Corriere, pertanto, sottolinea come con i soldi recuperati da una Banca del Mezzogiorno andranno a salvare le banche del paese, le quali risultano tutte settentrionali.

Di questo non si parla. Come al contrario è successo all’epoca del Crack, durante il quale il paese intero commentava i costi che il sistema dovette pagare per la cattiva gestione del Banco di Napoli, tra ricapitalizzazioni e ripianamento di perdite di Bankitalia e del Tesoro.

Il pensiero meridionalista considera la vendita del Banco di Napoli come uno scippo fatto al sud, osserva Il Corriere, una sorta di speculazione nazionale su un problema che ha riguardato la Banca, sanabile anche senza un intervento così estremo. Del resto, destano meraviglia i guadagni attuali della Sga. Senza dubbio, all’epoca c’era il fabbisogno generale di pulizia, di nuovi odori e nuove gestioni. È comunque l’epoca di mani pulite, di tangentopoli e della cattiva politica.

Probabilmente, le responsabilità sono da ricondurre ad una classe dirigente intera (che prescinde da appartenenze territoriali) la quale, per alcuni anni, ha speculato economicamente in un paese in crescita, sabotandone il futuro. È consueto ascoltare dalla bocca delle persone adulte o anziane che era meglio prima, almeno “mangiavano” un po’ tutti. Ma è proprio a causa di quelle scorpacciate di gruppo che, attualmente, molti fanno fatica a mettere il pane a tavola.


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