Aspettative di vita in calo in Italia. In Campania le donne vivono di meno


Uno studio dell’Istat riferito al 2015, ma edito lo scorso 15 aprile dal rapporto Osservasalute e presentato dall’Università Cattolica di Milano, denuncia un dato allarmante; il tasso di mortalità in Italia è in aumento, soprattutto per quanto riguarda le donne. Addirittura lo studio scientifico riferisce che in Campania, la regione italiana che detiene il primato nazionale in senso negativo, le donne vivono in media 5 mesi in meno rispetto agli anni precedenti, mentre per gli uomini l’aspettativa di vita è calata “solo” di 2 mesi e mezzo.

La regione che presenta la qualità della vita più elevata è il Trentino Alto Adige, ma il divario, specifica l’indagine, potrebbe essere determinato anche dal fatto che i finanziamenti nel settore della sanità pubblica in Campania sono i più bassi a confronto con la media nazionale. In media, infatti, il valore procapite del finanziamento nel settore è di 1689 euro contro i 1817 del resto di Italia.

Questo elemento è indicativo anche degli insufficienti interventi di prevenzione, soprattutto per ciò che riguarda le fasce di anziani sopra i 65 anni. Il Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) Walter Ricciardi afferma che il dato presentato è sconvolgente in quanto ha pochissimi precedenti nel mondo occidentale; in Danimarca 21 anni fa e in Russia dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Nel paese scandinavo, però, si corse ai ripari adottando un’adeguata politica di prevenzione e proponendo dibattiti e campagne incentrate sulla consapevolezza dei rischi conseguenti all’adozione di uno stile di vita errato, quali fumo, alcol e sedentarietà.

Il ministro della salute Lorenzin ha trasmesso i dati pervenuti alle direzioni competenti, anticipando che, se confermati, sarà necessario intervenire incentivando un corretto modus vivendi.

Come affermato in precedenza, però, la Campania detiene un record negativo da ogni prospettiva: nella regione meridionale è più elevato il numero della popolazione in sovrappeso (41,5% rispetto al 36,2%), di quella obesa (11,2% rispetto al 10,2%), e persino la fecondità risulta diminuita dal 2002 ad oggi dell’8,2% mentre in Italia risaliva del 9,4%.


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