Castellammare trema: pentito di camorra smaschera politici e imprenditori corrotti


Castellammare di Stabia – C’è fermento, in molti comuni, per le imminenti elezioni e le campagne dei vari politici invadono le strade ed i media. Anche Castellammare di Stabia si sta preparando alle votazioni, ma sull’intera Pubblica Amministrazione cittadina è stata gettata, negli ultimi giorni, una vera e propria bomba. Ad accendere la miccia le oltre sessanta pagine di dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Renato Cavaliere al sostituto procuratore della Dda di Napoli, Claudio Siragusa. Il pentito, legato al clan dei D’Alessandro, è sotto processo per l’omicidio del consigliere comunale del PD, Gino Tommasino, assassinato il 3 febbraio dei 2009 per gli interessi della Camorra locale.

Condannato in appello, Cavaliere ha deciso di vuotare il sacco non solo sul delitto Tommasino, ma sul legame fra esponenti politici influenti della zone, imprenditori e Camorra. Secondo quanto riporta il Mattino, il pentito avrebbe fatto il nome di un ex consigliere comunale, attualmente candidato, che avrebbe avuto rapporti preferenziali “con Liberato Paturzo, un imprenditore vicino al clan” e “scavalcato” per quanto riguarda la gestione di un importante parcheggio nei pressi di Vico Equense, entrato già nelle mire dei D’Alessando. Secondo Cavaliere è stato quell’investimento a costare la vita a Tommasino: “Lì si facevano un sacco di soldi puliti, ci interessava la gestione. E Gino Tommasino stava per fare soldi senza averci interpellato”.

Per la gestione di quel parcheggio, Tommasino avrebbe stretto accordi pericolosi con imprenditori e clan, arrivando a creare un vero e proprio giro di tangenti e favoritismi. Attività illecita che sarebbe valsa all’ex consigliere la condanna a morte, eseguita dallo stesso pentito. Le dichiarazioni di Cavaliere portano alla luce tantissimi nomi noti del panorama politico locale e svelano la “polvere sotto al tappeto” della Pubblica Amministrazione, ma vanno prese con le pinze. Come abbiamo detto, la scelta di collaborare con la giustizia è arrivata solo dopo la condanna in secondo grado. Inoltre, Cavaliere aveva anche tentato il suicidio durante un’udienza in videoconferenza. La sua testimonianza, quindi, potrebbe essere soltanto un modo per alleggerire la sua situazione carceraria o, semplicemente, piuttosto lontana dalla verità dei fatti.


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