Cuore grande: non ha i soldi del biglietto, glielo pagano i napoletani


La generosità, al giorno d’oggi, non è più solo una qualità, ma una scelta. E non una scelta facile. Siamo bombardati da messaggi di odio e razzismo che ci spingono a diffidare del prossimo (ancor più se con la pelle scura…), ma ci sono episodi che ci fanno credere che la bontà umana possa vincere anche questo inconsapevole asservimento mediatico a cui sembriamo condannati tutti. A raccontarne uno è stato Gianfranco Pannone, regista italiano cinematografico e televisivo, nato a Napoli e in continuo girovagare per il suo lavoro. Ecco il suo post su Facebook:

“Chissà perché succede sempre verso Napoli… Stamattina sul Freccia rossa delle 9, prima di arrivare in città, il controllore chiede il biglietto a un giovane africano, che risponde in un italiano stentato di aver sbagliato treno, che ha confuso con l’Italo (sarà vero?). Non ha alcun biglietto con sé e il controllore gli chiede, allora, 95 euro. Il giovane nero, che veste abiti semilogori, è agitato, dice di non avere soldi.

“L’altro gli chiede i documenti. Lui non glieli da (o forse non c’è li ha). “Guarda che sono costretto a chiamare i carabinieri non appena siamo a Napoli”, ammonisce il controllore. A questo punto, da qualche poltroncina più in là, interviene un signore: “Lo pago io il biglietto”. E poi un altro:”Contribuisco anch’io”. Poi è la volta mia, infine di una donna. In quattro saldiamo il biglietto maggiorato e al controllore non resta che abbozzare.

“Io non so se il giovane africano avesse un permesso di soggiorno o meno, ma comunque su di me e sugli altri tre, tutti romani e napoletani, è scattato qualcosa che sicuro non accade a certi tipi di “quelli del Nord”: in un altro destino sarebbe potuto capitare anche a me. Vecchi e demagogici retaggi storico-religiosi-antropologici? Possibile. Io, però, preferisco chiamarla umanità”.

Una storia di vita quotidiana, ma non di gesti quotidiani. Una solidarietà insolita, che inorgoglisce, soprattutto perché fatta anche da napoletani. Inutile però, a nostro parere, il riferimento al Nord e alla sua gente. Anche questo continuo paragonarci è un retaggio storico-cultare-antropologico da accantonare. Quando è possibile evitare, almeno noi meridionali dovremmo dare l’esempio: non facciamo il gioco di chi ci vuole divisi e gli uni contro gli altri.

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