“Finalmente Sposi”: gli Arteteca tornano al cinema con la regia firmata da Lello Arena.


Siamo stati alla prima del film “Finalmente Sposi”, uscito già coraggiosamente nelle sale il 25 di Gennaio in concomitanza, ad esempio, di uscite di pellicole come “Made in Italy” con Luciano Ligabue alla regia o “Chiamami con il tuo nome” di Luca Guadagnino candidato agli Oscar nella sezione stranieri. Ma il coraggio aiuta gli audaci e pure i capaci.

Il film vede protagonisti il duo comico Monica Lima ed Enzo Iuppariello in arte Arteteca, uno di quei tanti prodotti figli di “madre Tunnel” da Made in Sud che ha trovato nello spazio del proprio merchandising anche tra gli scaffali delle librerie e per l’appunto sul grande schermo.

Il film prodotto da “Minerva Pictures”, dalla nostrana “Bronx film” e per l’appunto della “Tunnel Produzione”, nasconde una curiosità mica da poco, che vede alla regia la firma di Lello Arena, lo storico ex membro della “Smorfia”. Tornato alla direzione dietro la macchina da presa a distanza di vent’anni, dopo “Chiari di Luna” (1988).

Il film presuppone una dose di sane risate o quantomeno sorrisi da strappare anche ai pregiudizi che spesso accompagnano certi ambienti. Seppur in una storyline estremamente longeva ma scorrevole e dalla “novella morale” semplice da cogliere, stavolta il duo è alle prese nella trama con un “forzato” matrimonio e un viaggio di nozze decisamente alternativo.

Rimane innegabile la spontaneità comica di un duo che rivede i “Totò e Peppino” spaesati in un mondo vasto al di là del circoscritto ma sicuramente in chiave più pop, tra le innegabili tradizioni e abitudini che si scontrano con l’adattamento ad un mondo new age.

I temi portati in campo e sfiorati forse in maniera troppo lieve riguardano l’integrazione multirazziale in un mondo che vive sempre più di certe fobie, dello svilimento di certi luoghi comuni culturalmente radicalizzati o di quel mondo “chichissimo” di certe apparenze o del secondo flusso migratorio, di cervelli e braccia, che tanto appartiene alla nostra fuggitiva generazione (la sempre tanto amata Germania).

Ecco, forse un po’ troppo e un po’ troppo importante la carne al fuoco da accarezzare in maniera così leggiadra da 90 minuti di pellicola, ma la bellezza di questo film sta, per l’appunto, nel fornire gli strumenti necessari, in un linguaggio semplice e genuino, a porre in piazza tanti temi, che spesso non sono frutto di discussione, rendendoli plausibili ad un dibattito comune e necessario allo sviluppo del tessuto sociale nel suo processo di crescita.

Il film, in un cast valido, che vede inoltre protagonisti Nunzia Schiano, Ciro Ceruti, Sergio Friscia, Paolo Caiazzo oltre che alle musiche del jamaican-rapper partenopeo Valerio Jovine che forniscono un sapore ancora più multietnico allo scorrere delle immagini.

Non ci resta che consigliarvi la visione, disarmati di pregiudizi, apprezzando il codice comunicativo con quale portare al cuore della gente, di tante estradizioni, il centro di certe argomentazioni che fanno parte del nostro mondo tra qualche onesta risata del duo capace di reinventarsi rispetto alle solite formule con una mimica e un parlato anticonvenzionali nella convenzionalità che fa il verso a tamarri e sciantose.

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