Napoli e gli intellettuali: una città di ispirazione


La città di Napoli ha per secoli rappresentato il sogno e la meta di tantissimi intellettuali durante i secoli precedenti. Artisti, archeologi, scienziati, filosofi e letterati hanno da sempre ricercato quell’atmosfera particolare e quell’ispirazione necessaria per scrivere e fare grandi opere, che soltanto a Napoli hanno trovato. La città ha dato loro questo gran dono che è stato ricambiato vicendevolmente.

I grandi personaggi illustri hanno reso Napoli famosa e celebre in tutto il mondo. Le visite hanno luogo già in tempi molto antichi (basti pensare alla presenza della tomba di Virgilio a Piedigrotta e quella di Leopardi), percorrendo poi i secoli successivi dal Duecento, Quattrocento con l’Umanesimo, poi il Rinascimento, l’Illuminismo,il Neoclassicismo, fino ad arrivare all’odierna età in cui Napoli è stata purtroppo depauperata della sua carica culturale che un tempo il mondo intero invidiava.

Virgilio definiva Napoli un meraviglioso locus amoenus, una perenne primavera di cui si innamorò subito tanto da richiedere di essere seppellito proprio nella città, in quello che oggi è stato ribattezzato Parco Vergiliano. Lo stesso autore scrive “Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope” ( “Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, e adesso mi tiene Napoli”).  Francesco Petrarca invece vedeva Napoli secondo una natura ambivalente. Nella sua prima visita nel 1341, egli completò a Napoli la sua laurea onorandola come patria della cultura; ma già nel 1343, la situazione era cambiata.

La morte del re Roberto d’Angiò aveva lasciato la città in un vuoto istituzionale che dava spazio all’ illegalità e al degrado. Lo stesso Giovanni Boccaccio nel lontano 1327 si reca, insieme al padre a Napoli: un’esperienza che ha fatto nascere in lui la passione per la letteratura e per la sua amata Fiammetta. Il poeta iniziò a Napoli un percorso di formazione che descriverà poi in una novella del Decameron “Andreuccio da Perugia”. Il protagonista è costretto a vivere e confrontarsi con la realtà dei vicoli partenopei caratterizzati da un ambiente truffaldino e malavitoso da cui Andreuccio potrà solo sfuggire o difendersi attraverso l’arma dell’intelligenza. Le donne lo confondono e lo rendono partecipe di piani criminali dai quali egli riuscirà sempre a tirasi fuori. La vita comune dei bassifondi napoletani diventa un percorso che porta all’affermazione di un giovane ragazzo grazie al suo ingegno.

Napoli - Piazza dei Martiri

Tra tutti i personaggi illustri che hanno toccato con i loro piedi la terra partenopea e respirato la sua aria frizzante e misteriosa vale la pena ricordare assolutamente Giacomo Leopardi con il suo compagno Antonio Ranieri. I due giovani arrivano a Napoli nell’ottobre del 1833 e si sistemano in Palazzo Berio. Il trasferimento a Napoli giova molto al poeta affetto da varie malattie fisiche e nervose, che spesso consolava attraverso una tazza zuccheratissima di caffè (ordinata rigorosamente al “Caffè d’ Italia”), dolci, granite e gelati. Tutto ciò veniva ammonito dal medico, ma Leopardi amava così tanto il gelato napoletano che proprio non riusciva a farne a meno di passare dal mastro gelataio Vito Pinto. Nonostante il forte pessimismo caratteristico del poeta, egli a Napoli riuscì a ritrovare quell’ ottimismo determinato dall’allegria e dal fare dei napoletani.

Gente che vive e si accontenta con poco e gioisce sempre di quel poco che ha attraverso manifestazioni esuberanti che coinvolgono tutti. Lo stesso poeta si sente così coinvolto che sorride passeggiando per Via Toledo, visitando Posillipo e tutti i caffè più celebri dell’ epoca. Giacomo Leopardi scrive in una lettera al padre: “Pure la dolcezza del clima, le bellezze della città e l’indole amabile e benevola degli abitanti mi riescono assai piacevoli“. Ed è proprio dall’esperienza napoletana che Leopardi trae il nettare per approdare alla sua  “social catena”, ispiratosi al senso umanitario di fratellanza vivo nel popolo napoletano.


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