La motivazione della soluzione risiede, spiega, in quanto sia «difficile amministrare una città complicata come la nostra», così «sulla linea tracciata da Borriello proseguiremo il lavoro amministrativo fin qui avviato e che merita di essere completato».
Nel resto del mondo civilizzato sarebbe bastato molto meno per provocare le dimissioni della maggioranza, anche nella Svizzera che era stata presa a modello per la rinascita di Torre. La città del corallo si trova adesso con un sindaco in manette, sospeso dal Prefetto, e un vicesindaco pescato da Ciro Borriello, non essendosi presentato alle elezioni.
In questo caos, senza mettere in discussione le capacità ed i meriti di coloro oggi alla guida della città, che siano stati o meno eletti dai votanti, è palese come il governo della città manchi della legittimazione morale del popolo torrese. È impensabile e aberrante l’idea di una città senza sindaco, senza quella guida che si era data.
Se è vero che fino al terzo grado di giudizio Ciro Borriello deve essere ritenuto innocente, è anche vero che il commissariamento sarebbe la strada meno dannosa, seppur dolorosa, per una Torre del Greco che non deve e che non ha le forze per sopportare il peso di quanto accaduto.
Le opposizioni, come è ovvio e giusto in una democrazia, cercheranno di trarre beneficio dalla crisi in atto, tuttavia nella monnezzopoli torrese vincitori non esistono e gli unici a uscirne sconfitti e bastonati sono i cittadini, quelli che pagano sempre per tutti. Le beghe politicanti a questo punto devono essere lasciate a chi le fa di mestiere. Il periodo di commissariamento sarebbe, allora, un’opportunità di meditazione e riflessione per tutta la compagine politica, senza alcuna esclusione.
Le dimissioni della maggioranza sarebbero un segnale di intelligenza e di responsabilità. Di credibilità.