Afragola, il mistero della mummia esposta al pubblico e poi scomparsa

Foto di repertorio


Quello del mistero della mummia scomparsa di Afragola è un tema di cui la cittadinanza locale ha perso ogni memoria, mentre le città vicine, compresa Napoli, forse non ne sono mai venute a conoscenza. A riportare alla luce la questione è stato il divulgatore storico Domenico Corcione, con un articolo a sua firma dal titolo “Quella mummia deve sparire” sul blog Vetus et Novus.

Nell’anno 1875 si recò in visita pastorale ad Afragola il cardinale Sisto Riario Sforza, della quale esiste una relazione compilata da don Giuseppe Esposito, nella quale si fa riferimento per ben tre volte a un cadavere imbalsamato la cui cassa funebre è aperta, dunque esposta al pubblico, all’interno della Cappella dell’Immacolata sita nel cimitero di Afragola:

“Punto 9. Esiste nella Cappella un cadavere imbalsamato che si asserisce essere del fu D. Giacomo Maiello e la cassa sta aperta. Vogliamo che subito si rimuova dalla cappella medesima e si riponga o in qualche monumento o nel sottoposto ipogeo”.

Così è scritto nella relazione e non si tratta della salma di don Vincenzo Tuccillo, tutt’ora visibile nella stessa cappella. Al momento dell’interrogazione del cappellano Raffaele Lanzano, accusato dai visitatori di essere piuttosto negligente nella cura della chiesa e dell’ipogeo, costui assicurò che il cadavere imbalsamato sarebbe stato da lui rimosso in circa quindici giorni e riposto proprio nell’ipogeo. A questo punto sembra molto probabile che un cadavere imbalsamato, ossia una mummia, esistesse davvero e fosse esposto al pubblico nel 1875. È parecchio strano, tuttavia, che di un corpo imbalsamato, e allora appartenente a qualcuno che possedeva abbastanza denaro e prestigio per potersela permettere, non vi siano ulteriori notizie.

Esplorando l’ipogeo della chiesa cimiteriale Corcione ha notato una lapide, sotto la quale è stato seppellito Gaetano Majello nel 1878, perciò tre anni dopo la vicenda della mummia con la cassa aperta. Se la difformità nel cognome, uno è Maiello e l’altro Majello, possiamo giustificarla con un errore di trascrizione, meno giustificabile appare avere da una parte Giacomo e dall’altra Gaetano, al quale la lapide “i figli dolentissimi posero”. Figli che, si presuppone, avrebbero ben notato la presenza di un errore nella data di morte del padre, 1878, quando quest’ultimo, come si deduce dalla relazione di don Giuseppe Esposito, era morto almeno tre anni prima, ammesso che gli stessi figli abbiano almeno una volta nella vita visitato la tomba del proprio genitore.

Il mistero, in definitiva, resta, e gli interrogativi che più premono sono: chi era Giacomo Maiello e perché si era fatto imbalsamare? Dove è andato a finire il suo corpo? È stato degnamente conservato o, forse, il negligente cappellano se n’è disfatto alla bell’e meglio?


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