Salviamo Pompei: Ecco le proposte d Massimo Bray


Si torna nuovamente a parlare dell’emergenza Pompei, uno dei siti archeologici più belli del mondo messo a dura prova dai tagli e dalla mancanza di personale. Dopo le folli dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis arrivano le dichiarazioni di Massimo Bray. Riportiamo di seguito l’intervista pubblicata sul sito IlMattino.it

Sono passati i tempi in cui il ministero dei Beni Culturali era una carica di tutto riposo. E Massimo Bray l’ha capito dal primo giorno in cui ha messo piede nel suo ufficio. Anzi lo sapeva certamente da prima. «Le emergenze in Italia sono un numero sorprendente» chiarisce subito.

Ma Pompei è più emergenza di altre.
«È un’emergenza anche di forte valore simbolico per gli impegni che abbiamo con l’Europa. Non verremo meno».

L’Unesco vi ha dato tempo fino al 31 dicembre, poi gli Scavi potrebbero perdere il bollino di «patrimonio dell’umanità». Una spada di Damocle che fa tremare. Come vi state attrezzando?
«Nella relazione dello scorso gennaio fatta dagli ispettori Unesco emergeva il bisogno di maggiore personale di sorveglianza. E su questo punto stiamo lavorando energicamente. Vorrei ricordare che, nel 2012, solo grazie a una deroga al divieto di assunzione, il ministero ha potuto assumere 23 persone tra archeologi e vigilanza. Ma questo è un problema che riguarda tutta l’Italia».

Quante persone servirebbero?
«In Italia, almeno 2000. E il concorso del 2008 ne prevedeva solo 400».

Assunzioni bloccate, mancanza di fondi. Siamo in un vicolo cieco.
«Pompei, le assicuro, è al centro delle mie preoccupazioni. Lo era già dalla campagna elettorale. È un monumento simbolo del nostro Paese, con il quale mostriamo al mondo la nostra faccia. Dobbiamo farne un manifesto straordinario dell’Italia».

Ma siamo molto lontani. Usare Pompei come manifesto potrebbe essere controproducente. Intanto come intendete rispondere all’Unesco?
«Entro il 2015 bisogna far partire i 39 cantieri previsti. I cinque del primo lotto sono già avviati. Altri due sono fermi per l’assenza di trasparenza delle ditte appaltatrici. Entro luglio ci sarà anche il bando per la messa in sicurezza del 50 per cento degli Scavi, grazie alla collaborazione del ministero dell’Interno. In un incontro della scorsa settimana con il premier Letta abbiamo cominciato a definire le linee guida dell’impegno per i beni culturali. E Pompei, come Caserta e le dimore borboniche, sono centrali. Però, per gli Scavi, dovremo impegnarci tutti: il governo, il ministero, i lavoratori, gli imprenditori».

Perché non si fa?
«Abbiamo perso la capacità di fare sistema. Ma dobbiamo farlo perché i cittadini ce lo chiedono. Dobbiamo dare risposte».

Infatti, le aspettiamo.
«Enrico Letta mi ha assicurato che non ci saranno tagli alla cultura».

Se non si vuole perdere questa battaglia, bisognerebbe, però, aggiungere fondi. Attaccare non difendersi.
«Ne sono convinto e si lavora anche per questo. Il futuro dell’Italia passa per i beni culturali che vanno tutelati e valorizzati, ma devono diventare anche oggetto di ricerca».

Non c’è solo la mancanza di fondi. Venerdì scorso, l’assemblea dei lavoratori, bloccando per ore i visitatori all’ingresso degli Scavi, ha fatto registrare un’altra giornata nera all’immagine dell’Italia. Non si riesce a trovare la quadra tra i diritti dei lavoratori e quelli di chi vive di turismo?
«Incontrerò i sindacati e porrò il problema. Già dal primo giorno che ho messo piede nel mio ufficio mi sono attivato per trovare fondi e il ministero tutto è impegnato a sbloccare le risorse per l’assunzione di personale a ogni livello».

Anche per Pompei ci sono privati, come Impregilo, pronti a mettere mano alla tasca. Che cosa vi aspettate da loro?
«Quei fondi farebbero molto comodo. Ma serve costruire dei modelli precisi di collaborazione pubblico-privato. Lo Stato deve scrivere regole chiare per l’intervento dei privati. Con il loro mecenatismo sarà più facile realizzare progetti specifici, ma questo non significa che si spiana la strada alla commercializzazione dei beni culturali del nostro Paese».

Un nodo cruciale di Pompei è la mancanza di una manutenzione ordinaria che ha causato i numerosi crolli degli ultimi anni. Una situazione che si è creata con l’eliminazione delle maestranze alle dirette dipendenze dell’amministrazione degli Scavi. Che intendete fare?
«Lo ripeto bisogna intervenire con risorse e con professionalità. Ma questo è un problema diffuso in tutt’Italia. Ci sono siti culturali custoditi da due o tre persone. Situazioni inconcepibili».

L’altro bubbone dei «Mali Culturali» in Campania è la condizione della Reggia di Caserta e quella di numerosi siti borbonici, compreso Carditello dove è andata deserta la decima asta consecutiva.
«Devo dire che a Caserta ho trovato una situazione diversa, un impegno molto positivo, per uscire dall’emergenza, che sta mettendo insieme, sinergicamente, le amministrazioni locali, il ministero, delle forze dell’ordine. Tutti stanno dimostrando che si può lavorare assieme».

Perché tutto questo non accade pure per Pompei?
«Lavoreremo in questa direzione anche per Pompei perché, insisto, è un’emergenza simbolica per i nostri impegni verso l’Europa».

Napoli ha subito anche la ferita del saccheggio dei Girolamini.
«Ora però siamo sulla strada giusta. E al più presto definiremo il passaggio della biblioteca e del complesso monumentale al Polo Museale».

Da un po’ di tempo le sovrintendenze sono bersagliate da critiche. Sono accusate di avere un ruolo solo burocratico e di essere di intralcio a una valorizzazione e all’uso moderno dei beni culturali. Lei che cosa ne pensa?
«Non sono assolutamente d’accordo con questo tipo di critiche. Le sovrintendenze sono ricche di professionalità. Penso, invece, che stia prevalendo una cultura che non valorizzi il loro impegno. Io sarò sempre accanto alla sovrintendenze, difendo il loro ruolo e le loro competenze che sono altissime».

Anche il mondo dello spettacolo è costantemente sotto la scure dei tagli, dal Fus al tax credit per il cinema.
«È una questione che stiamo affrontando. Va ricordato che il bilancio sul quale lavoriamo è quello approvato dal precedente governo Monti. Con il ministro Saccomanni c’è l’impegno a individuare le risorse necessarie al tax credit perché riteniamo che il cinema italiano sia una parte fondamentale della cultura italiana, legata all’immagine positiva che il nostro Paese ha nel mondo».


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