Giacinto Gigante: l’illustre pittore napoletano che fu chiamato dall’Imperatrice di Russia

Riviera di Chiaia - Giacinto Gigante


Il 29 settembre ricorre la morte di Giacinto Gigante, l’artista napoletano che si è distinto nell’ambito della corrente pittorica paesaggistica sviluppatasi tra il 1820 e il 1850 e conosciuta come Scuola di Posillipo.

Giacinto Francesco Paolo nacque l’11 luglio 1806 sulla salita di Sant’Antonio a Posillipo da una famiglia d’artisti: suo padre Gaetano fu pittore ed incisore e, tutt’oggi, viene ricordato sia per le sue opere a carattere religioso sia per la pittura ad affresco, non da meno furono i suoi fratelli che si affermarono in diversi campi artistici.

Giacinto iniziò la formazione artistica proprio con suo padre fino al 1820, anno in cui frequentò, per alcuni mesi, lo studio del paesaggista tedesco Jacob Wilhelm Hüber, dal quale apprese l’uso di diversi strumenti tecnici del disegno come l’acquerello, l’acquatinta e la camera lucida.

Per volere del padre frequentò anche il Reale Ufficio Topografico dove perfezionò la tecnica dell’incisione ad acquaforte e quella della litografia. Tra il 1822 e il 1823 realizzò vedute di paesaggi raffiguranti Capri, Marina di Capri, Il Castello di Baia, Ischia, Miseno e molte altre località partenopee altamente suggestive, attualmente conservate a Napoli nel Museo di San Martino e nel Museo Nazionale di Capodimonte.

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A seguito dell’improvvisa partenza del maestro Hüber, Gigante iniziò a frequentare lo studio situato a Vico del Vasto a Chiaia, del pittore olandese, fondatore della Scuola di Posillipo, Anton Sminck Van Pitloo. Quest’incontro, rappresentò per l’artista il punto di svolta della sua carriera. Fu in quegli anni, grazie alle tecniche apprese dal nuovo maestro, che eseguì il suo primo dipinto ad olio: il Lago Lucrino, anch’esso conservato nel Museo di San Martino.

Nell’ottobre del 1826 espose quattro opere alla prima Mostra delle Opere di Belle Arti nel Palazzo del Real Museo Borbonico, conosciuto oggi come Museo Archeologico Nazionale. Nel 1831, a 25 anni, sposò Eloisa Vianelli, figlia dell’amico e collega Achille, dalla quale ebbe otto figlie.

Dopo la morte di Pitloo, nel 1837, divenne il protagonista della Scuola di Posillipo portando a livelli eccelsi la rappresentazione paesaggistica. Si trasferì nella casa del maestro olandese, punto di riferimento per molti artisti di quel tempo e cuore pulsante della Scuola di Posillipo.

Ciò che lo contraddistinse fu l’aver elaborato un tecnica di pittura ad acquerello definita gouache in grado di dare un effetto in rilievo alle raffigurazioni. Fu in quegli anni che la celebrità di Gigante raggiunse il suo picco: fu commissionato da Ferdinando II, Re del Regno delle Due Sicilie, per realizzare dei disegni con vedute di Gaeta per la Regina Maria Teresa, fu nominato professore onorario dell’Accademia delle Belle Arti, invitato a corte da Francesco II per insegnare pittura alle figlie e chiamato presso la corte dell’Imperatrice di Russia.

Inoltre verso la fine del 1860, per volere del nuovo sovrano Vittorio Emanuele II, eseguì il quadro ad acquerello Cappella di S. Gennaro al Duomo durante il miracolo del sangue che fu inviato nel 1867 all’Esposizione Universale di Parigi. Tanta fu la bellezza dell’opera che fu commentata così da Pasquale Villari: “Gigante è un acquerellista di cui non si troverebbe in Italia un altro di egual merito”. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò a riordinare con minuzia e dedizione le sue opere e quelle di altri artisti. Morì il 29 settembre del 1876.

Fonti:
– Giacinto Gigante nell’Enciclopedia Treccani


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