I 10 errori grammaticali che gli italiani commettono più spesso


Il 17 ottobre 2016 è iniziata la “Settimana della lingua italiana nel mondo” che proseguirà fino al 23 ottobre 2016.

L’iniziativa è promossa e organizzata dall’Accademia della Crusca, dal Ministero degli Affari Esteri e all’estero, dagli Istituti Italiani di Cultura, dai Consolati italiani, dalle cattedre di Italianistica attive presso le varie Università, dai Comitati della Società Dante Alighieri e da altre Associazioni di italiani all’estero.

L’evento nasce nell’ottobre del 2001 e viene svolto nel mese di ottobre di ogni anno per promuovere non solo la lingua italiana all’estero, ma anche la cultura classica e contemporanea.

Purtroppo proprio noi italiani, che dovremmo saper parlare e scrivere benissimo la nostra lingua, molto spesso caschiamo nella rete dei grossolani errori di grammatica, una delle “bestie nere” scolastiche.

A tal proposito il sito libreriamo.it ha stilato una lista degli errori grammaticali più comuni tra gli italiani:

Qual è o qual’è? Spesso viene scritto con l’apostrofo, ma essendo troncamento non esige l’apostrofo (74%). La grafia giusta è “Qual è”.

L’apostrofo: sicuramente uno degli errori più comuni data dall’incertezza del suo uso (71%). L’apostrofo si usa per l’elisione e quando la parola che segue l’articolo indeterminativo “un” è di genere femminile: si scrive perciò “un’amica”, mentre “un amico” è senza apostrofo. Caso eccezionale è un po’ che vediamo dopo (71%).

L’uso del congiuntivo: è un classico degli studenti, e non solo. “Spero che tu stia bene” e non “Spero che tu stai bene” (65%).

Un po’ o un pò o un po: anche in questo caso l’errore comune è non usare l’apostrofo ma l’accento. Questo è un caso eccezionale di troncamento che esige l’apostrofo.

Gli o le: quante volte usiamo “gli” ma ci vorrebbe “le”? Tante, perché nel 57% dei casi si sbaglia. Per non sbagliare basta ricordare a chi ci riferiamo; se si tratta di una persona di sesso femminile usiamo “le”, per esempio “le voglio bene”; se ci riferiamo ad una persona di sesso maschile, usiamo “gli”, ad esempio “gli voglio bene”.

C o Q: anche questo è un classico errore che ci trasciniamo probabilmente dalle scuole elementari. Nel parlato è un errore che non si percepisce, nello scritto emerge subito. Nel 55% dei casi gli italiani sbagliano, per esempio scrivendo “innocuo” con la “q”.

E o ed? A o ad?: nel 49% dei casi gli italiani sbagliano perché si è incerti sulla giusta congiunzione da usare. Bisogna usare la “d” quando la parola che segue inizia con la vocale.

Ne o né?: anche questo è un errore comune (45%) soprattutto a scuola. L’accento su “né” ci vuole quando si tratta di negazione.

La punteggiatura: quasi sicuramente tutti, nella propria vita, hanno sbagliato ad usare virgole, punti, punti e virgola, eppure ogni segno di punteggiatura ha la propria regola.

Purtroppo è proprio così: anche qui, nel 37% dei casi gli italiani sbagliano. Qua si fa molta confusione tra il parlato e lo scritto in quanto nella pronuncia la “r” di “purtroppo” e “proprio” si sente poco e di conseguenza si commette l’errore di scriverlo con la “l”.

 


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