Superstizione e credenza popolare: perché le posate incrociate portano male?


Il termine superstizione deriva dal latino superstitio e sta ad indicare una cosa che, in maniera illecita, si sovrappone ad un’altra. In particolare stiamo parlando di tutti quegli atteggiamenti o riti scaramantici che si sovrappongono all’autentica pratica religiosa.
È convinzione comune che le superstizioni abbiano origini religiose o che, in qualche misura, abbiano a che fare con essa.
In realtà la Chiesa ha quasi sempre condannato questo genere di credenze invitando i fedeli a scacciare la sfortuna o le avversità della vita con le vere pratiche religiose come, ad esempio, la preghiera.

Un popolo che ha fatto della superstizione e dei riti scaramantici un punto di forza della sua cultura e tradizione è certamente quello napoletano.
Il credo per eccellenza di ogni partenopeo è non è vero ma ci credo, per tal ragione anche i meno scaramantici portano con sé un cornicello ani-jella, rigorosamente regalato, perché non si sa mai.

La cultura napoletana vuole che un cospicuo numero di superstizioni siano legate ad un argomento tanto importante quanto sacro al popolo partenopeo, il cibo e la tavola.
Non sia mai si rovesci dell’olio, o ancor peggio, del sale sulla tavola, specie se è martedì, o che il pane sia poggiato capovolto. Addirittura è possibile notare che il galateo delle superstizioni vieti assolutamente di incrociare le posate nel piatto. Per quale ragione?
Secondo la cultura napoletana le posate, ma in generale qualsiasi oggetto, non devono mai essere incrociate perché la forma ad X ricorda la crocifissione, quindi il supplizio e i tormenti subiti da Gesù Cristo. Per rispetto si dovrebbe evitare di riprodurre la Croce salvo che questa non serva per rendere omaggio al Signore.

Se analizzassimo questo mondo surreale con un occhio critico, inevitabilmente ne prenderemmo le distanze. Tuttavia tantissimi atteggiamenti e comportamenti quotidiani sono condizionati da tutte quelle credenze tramandate di generazione in generazione. Ciò perché è molto più semplice, se non inevitabile, compiere alcuni semplici gesti, per scongiurare il temuto pericolo piuttosto che trovare una valida spiegazione che ne giustifichi la distanza.


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