Tradotte in napoletano le “lettere a Tacito” sull’eruzione e sulla morte di Plinio


Se il dialetto napoletano è considerato una lingua, allora vuol dire che i partenopei possono imparare ancora oggi, una seconda lingua oltre l’italiano: il napoletano. Una lingua che ha origine antiche e che pone come oggetto diverse dominazioni. Insomma, Napoli seppur ricca e bella di cultura, affascina con la lingua latina sin dalle origini nel 326 a.C., lingua parlata dai napoletani fino al 1200 circa.

Carlo Avvisati giornalista e scrittore ha pubblicato un volume edito in napoletano mettendo in risalto in napoletano le lettere a Tacito sulla morte di Plinio il Vecchio. Nel libro si racconta la tragedia dell’eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C., descritta in latino nel I secolo d.C. da Gaio Plinio Cecilio Secondo, detto il Giovane, in due lettere inviate allo storico Tacito.

Secondo gli studiosi, per comprendere le fasi eruttive, sono state considerate come “una cronaca mai scritta” che sconvolse la vita di migliaia di persone, seppellendo sotto metri di lapilli e ceneri cittadine come Pompei, Ercolano, Oplontis, Stabiae.

Il libro oltre a rappresentare una novità in campo editoriale, propone lettere tradotte in lingua di Basile, di Di Giacomo e Ferdinando Russo. Questo di conseguenza, comporta una fondamentale introduzione all’interno del libro affinché rappresenti ai lettori un evento storico del passato per la conoscenza del Vesuvio come vulcano attivo. Il volume inoltre, presenta una prefazione e postfazione di Agostino Casillo, presidente del parco del Vesuvio, del professor Massimo Osanna, archeologo, direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, e del vulcanologo Giuseppe Luongo, professore emerito di Geofisica della terra solida all’Università Federico II di Napoli, già direttore dell’Osservatorio Vesuviano.


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