Festa dei Gigli 2019. “La Sposa del Vesuvio”: si parla solo di lei, la donna giglio


Il turista, il visitatore, il nolano che si fa strada nell’affollatissimo Corso di Nola, dirigendosi verso l’agreste Villa Comunale, in cerca dei Gigli che fino a sabato notte saranno collocati in diversi punti della città, viene innegabilmente colpito da una magnificenza che si presenta agli occhi.

Una struttura piramidale di un candido colore bianco, puro, etereo, vergine, in cui prendono forma con una pragmatica e terrena forza, due labbra turgide e carnose dipinte di rosso e due occhi, grandi e profondi di un colore azzurro celestiale, ravvivate da ciglia lunghe e nere, il tutto completato da un nasino all’insù che senza dubbi, completa un volto di una donna. E poi nascosto tra le aste di legno, si aggroviglia un lungo velo bianco, che nella giornata di domenica 30 giugno verrà sciolto e con i suoi 35 metri di lunghezza coprirà “la testa e la schiena” della bella sposa.

Lei, la donna Giglio, è la “Sposa del Vesuvio”, partorita dalla mente geniale dello stilista Gianni Molaro e donata alla famiglia Simonetti che quest’anno ha rivestito il Giglio dell’Ortolano. Ed incarna la figura di Therasia, la donna nobile e ricca, ma soprattutto cristiana e battezzata, che il futuro San Paolino conobbe a Barcellona. Therasia divenne sua moglie lo condusse alla conversione, che ebbe un’accelerata dopo la morte del loro primogenito, avvenuta pochissimi giorni dopo la nascita.

Un Giglio che innegabilmente ha subito fatto esplodere chiacchiere, critiche, considerazioni e opinioni contrastanti. I più conservatori, quelli legati ad una “concenzione statica e cristallizzata” della Festa, che vede e accetta solo rivestimenti dei Gigli sobri e impregnati di significato prettamente e palesemente religioso, ha gridato allo scandalo. Addirittura c’è chi ha detto, ma resta comunque una “vox populi”, che il Giglio con la firma di Molaro non merita la benedizione del Vescovo, prevista per domenica mattina in Piazza Duomo. Si sa anche che “la voce del popolo è la voce di Dio”, ma è anche certamente vero che questa voce sia stata messa in giro da chi reputa la Sposa del Vesuvio troppo eccentrica, pagana e irrispettosa.

Invece al polo diametralmente opposto, si batte una cospicua e composita parte di persone, a cui invece “questo Giglio piace e non poco”. Per il suo carattere sorprendente, cosi fortemente in rottura con i prototipi tradizionali e medievali, che porta alla Festa dei Gigli uno stile moderno, più asciutto, più immediato, semplice nella costruzione ma prepotente nell’essenza e nella sua forza evocatica.

Ma nonostante l’estrema facilità con la quale qualcuno ha giudicato questo capolavoro, perché ogni Giglio è un pezzo d’arte di inestimabile valore, Molaro nel progettare questo rivestimento ha impresso un significato che va oltre il banale giudizio. Perché in quella figura astratta, femminile e prorompente si cela Therasia che si innalza a simbolo d’amore, di fede, di speranza e di gioia. Perché lei è stata madre, moglie e cristiana. Lei, donna forte e devota, ha condotto Paolino alla riscoperta della Fede e di Cristo. Lei, emblema d’amore e sofferenza, a lungo dimenticata e messa in disparte, riprende vita, si riprende il suo posto, il suo spazio in una festa “di cui anche lei, storiograficamente, ha i suoi meriti”. Lei che è stato il mezzo divino che ha reso Paolino un Santo, che lo ha condotto per mano nel lungo percorso di Fede.

Perché lei, una donna e moglie fedele, è stata il tramite celestiale perfetto, che ha condotto il Santo più amato dai Nolani da una vita terrena a quella eterna. È stata lei che ha contribuito a rendere Paolino un esempio di fede e di religione. È anche grazie alla Sposa del Vesuvio che esiste la Festa dei Gigli. Ed è giusto ricordarla.

Finalmente è arrivato il momento.


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