Le torri (e la fontana) di piazzale Tecchio: storia di un’utopia urbanistica


La storia di piazzale Tecchio è una delle tante utopie urbanistiche della città di Napoli. Un luogo che da anni, complice dell’inesplicabile degrado urbano, è consegnato all’inesorabile oblio del suo effettivo significato architettonico.

Progettata alla fine degli anni ’30, in piena epoca fascista, dall’architetto Marcello Canino, tra i principali interpreti dell’architettura di regime – suoi, infatti, sono il Palazzo della Provincia, il Palazzo della BNL e il Palazzo dell’Intendenza di Finanza del Rione Carità – piazzale Tecchio ha decretato, nel piano d’espansione urbana dell’epoca, la porta d’accesso alla zona flegrea della città. Espansione sancita dal grande progetto architettonico, faunistico ed espositivo della Mostra d’Oltremare, il cui nome dell’epoca era Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare.

Nel corso degli anni, il progetto di Marcello Canino è stato corredato da una serie di interventi che, oltre a mutarne l’aspetto, ne hanno anche rinnovato il significato architettonico. Tra gli interventi più significativi si ricordano, in particolar modo, quelli realizzati nel biennio 1988-1990 dalla Pica Ciamarra Associati in occasione della ristrutturazione dello stadio San Paolo e dei suoi spazi esterni per i Mondiali di Calcio del 1990.

Nello specifico, il nuovo disegno urbano ha condotto una serie di interventi nell’area di piazzale Tecchio compresa tra l’Istituto Motori del CNR, la Facoltà di Ingegneria della Federico II e l’ingresso della Mostra d’Oltremare. Tra questi: la realizzazione del tunnel di via Claudio, i parcheggi sotterranei dello stadio San Paolo e la realizzazione di una vasta area pedonale che dal settore ospiti del San Paolo si estende fino all’ingresso della Mostra d’Oltremare.

L’area in riferimento presenta la forma di un triangolo equilatero. Il progetto della Pica Ciamarra Associati, ispirato dalla tradizione barocca delle “macchine da festa” partenopee, ha posto ai vertici del triangolo tre torri-obelischi alti 40 metri. Ogni torre è stata edificata con materiali diversi, a compimento di un preciso simbolismo architettonico. La Torre del Tempo e dei Fluidi, realizzata in legno, rappresenta l’elemento naturalistico ed ecologico del progetto, indicando gli elementi della terra e il dinamismo della natura. L’obelisco, inoltre, è ornato da un particolare congegno sonoro che il vento – stando alle intenzioni originarie – avrebbe dovuto azionare.

Oltre al dispositivo sonoro, la torre presenta anche una vela rigida di colore bianco. Quest’ultima dovrebbe schermare i raggi laser emessi dalla vicina Torre della Memoria. Realizzata in pietra e ferro, il secondo obelisco presenta l’aspetto di un enorme periscopio. E’ l’elemento più utopistico e fiabesco del progetto: nelle intenzioni iniziali, infatti, tale periscopio avrebbe dovuto rendere osservabili ai passanti il mare di Bagnoli e il centro storico di Napoli, semplicemente camminandoci sotto.

Infine, la Torre dell’Informazione, interamente realizzata in alluminio, è l’elemento “futurista” del progetto. Con le sue antenne paraboliche, i suoi schermi video che danno sulla piazza e la sua estetica industriale, simboleggia l’affermarsi della realtà informatica e il suo conseguente ascendente nel quotidiano.

Oltre alle tre torri, il progetto della Pica Ciamarra Associati presenta un quarto elemento che col tempo è andato completamente dimenticato. Al vertice settentrionale della piazza, infatti, subito a ridosso della Torre della Memoria, è presente una gradonata realizzata in mattoni rossi disposti in piani inclinati. Non tutti sanno che tale gradonata è, in realtà, una fontana, la cui particolare forma inclinata avrebbe dovuto ispirare al passante l’impressione di camminare in prossimità di una cascata.

Secondo il progetto, infatti, la gradonata: «Scende ripidamente a ovest in piani inclinati variamente orientati e lavorati in filari in aggetto di mattoni costituendo una fontana la cui acqua, incanalandosi fra le pieghe della piazza, si “frantuma” in molteplici rivoli, azionati da celle fotovoltaiche, acuendo il suono della cascata». Impreziosita dalla fontana, quest’area di piazzale Tecchio, avrebbe dovuto: «Articolare uno spazio dalla forte valenza pubblica e civica, capace di accogliere e al pari esortare usi alternativi, di coinvolgere la cittadinanza rinnovandone le consuetudini in accordo con un sentimento ancorato nella storia e tradizione locale».

La piazza, dunque, avrebbe dovuto stimolare e veicolare una serie di sensazioni: i raggi laser della Torre della Memoria, il singolare effetto acustico della fontana-cascata e le particolari vibrazioni sonore azionate dal vento della Torre del Tempo e dei Fluidi. Purtroppo, nessuna di tali sensazioni è riscontrabile passeggiando per l’aria pedonale e la struttura della fontana è preda, da anni, di rifiuti e graminacee. In tale scenario, il significato architettonico di piazzale Tecchio resta del tutto precluso alle migliaia di pedoni che ogni giorno attraversano questo luogo, del tutto ignari dell’esperienza visiva e uditiva che avrebbero dovuto percepire. Ciò che invece si avverte – nell’imperdonabile degrado dell’area – è il rimpianto per un’utopia architettonica mancata.

Bibliografia
Stenti S. (a cura di), Napoli guida e dintorni. Itinerari di architettura moderna (2010), Clean, Napoli.

Sitografia
Sito della Pica Ciamarra Associati.


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