Sandokan, la tigre del Vomero: Marianna e i personaggi di Salgari erano napoletani


Il 25 aprile di 110 anni fa ci lasciava Emilio Salgari. Lo scrittore, nato a Verona, morì suicida e in povertà nonostante avesse scritto numerosi romanzi d’avventura, anche di successo. Protagonista assoluto dei suoi racconti (ben 11 libri) era Sandokan, pirata della Malesia o dei corsari delle Antille. Un personaggio reso celebre anche da Kabir Bedi, l’attore che lo interpretò nella miniserie tv diretta da Sergio Sollima e andata in onda nel 1976 sulla Rai.

Ma non tutti conoscono il legame tra Salgari e la città partenopea. Napoli è infatti presente nei suoi romanzi a cominciare dalle origini di Lady Marianna Guillonk, la perla di Labuan nonché la fanciulla amata da Sandokan. Inoltre due dei più importanti illustratori di Sandokan erano partenopei. Ma c’è anche chi pensa che la tigre della Malesia sia Carlos Cuarteroni, che faceva la spola tra Napoli e Cadice.

LADY MARIANNA ERA NAPOLETANA

Come si legge nel capitolo VI (Guarigione ed amore) del romanzo ‘Le Tigri di Monpracem’, Donath Editore del 1900, Lady Marianna era napoletana:

Era una fanciulla di sedici o diciassette anni, dalla taglia piccola, ma snella ed elegante, dalle forme superbamente modellate, dalla cintura così stretta che una sola mano sarebbe bastata per circondarla, dalla pelle rosea e fresca come un fiore appena sbocciato. Aveva una testolina ammirabile, con due occhi azzurri come l’acqua del mare, una fronte d’incomparabile precisione, sotto la quale spiccavano due sopracciglia leggiadramente arcuate e che quasi si toccavano. Una capigliatura bionda le scendeva in pittoresco disordine, come una pioggia d’oro, sul bianco busticino che le copriva il seno. Lady Marianna Guillonk era nata sotto il bel cielo d’Italia, sulle rive dello splendido golfo di Napoli, da madre italiana e da padre inglese. Rimasta orfana a undici anni ed erede di una cospicua sostanza, era stata raccolta da suo zio James, l’unico parente che allora si trovasse in Europa.

In quei tempi James Guillonk era uno dei più intrepidi lupi di mare dei due mondi, proprietario di una nave armata ed equipaggiata da guerra, onde cooperare con James Brooke, diventato più tardi rajah di Sarawack, all’esterminio dei pirati malesi, terribili nemici del commercio inglese in quei lontani mari. Quantunque lord James, ruvido come tutti i marinai, incapace di nutrire un’affezione qualsiasi, non provasse tenerezze soverchie per la giovane nipote, piuttosto di affidarla a mani straniere, l’aveva imbarcata sul proprio legno conducendola al Borneo ed esponendola ai gravi pericoli di quelle dure crociere. Per tre anni la ragazzina era stata testimone di quelle sanguinose battaglie, nelle quali perivano migliaia di pirati e che diedero al futuro rajah Brooke quella triste celebrità che commosse profondamente e indegnò i suoi stessi compatrioti”.

Poi Salgari racconta la sua giovinezza e cosa spinse Sandokan a innamorarsi di lei:

“Un giorno però lord James, stanco di carneficine e di pericoli, forse ricordandosi di avere una nipote, aveva abbandonato il mare e si era stabilito a Labuan, seppellendosi sotto i grandi boschi del centro. Lady Marianna, che toccava allora il quattordicesimo anno, e che in quella vita perigliosa aveva acquistata un fierezza ed energia unica, quantunque sembrasse un’esile bambina, aveva cercato di ribellarsi ai voleri dello zio, credendo di non potersi abituare a quell’isolamento e a quella vita quasi selvaggia, ma il lupo di mare, che pareva non nutrisse molta affezione per lei, era rimasto inflessibile.

Costretta a subire quella strana prigionia, si era interamente data a completare la propria educazione, che fino allora non aveva avuto tempo di curare. Dotata di una tenace volontà, a poco a poco aveva modificato gl’impeti feroci, contratti in quelle aspre e sanguinose battaglie, e quella ruvidità contratta nel continuo contatto colla gente di mare. Era così diventata una appassionata cultrice della musica, dei fiori, delle arti belle, mercé le istruzioni di un’antica confidente di sua madre, spenta più tardi dall’ardente clima tropicale. Col progredire dell’educazione, pur conservando in fondo all’anima qualche cosa dell’antica fierezza, era diventata buona, generosa, caritatevole. 

Non aveva abbandonata la passione per le armi e gli esercizi violenti, e ben spesso, indomita amazzone, percorreva i grandi boschi, inseguendo perfino le tigri, o pari ad una najade si tuffava intrepidamente nelle azzurre onde del mar Malese; ma più sovente si trovava là ove la miseria o la sventura infieriva, recando soccorsi a tutti gli indigeni dei dintorni, a quegli indigeni che lord James odiava a morte, come discendenti di antichi pirati. E così quella fanciulla, colla sua intrepidezza e la sua bontà e per la sua bellezza, si era meritata quel soprannome di “Perla di Labuan”, soprannome volato così lontano e che aveva fatto battere il cuore della formidabile Tigre della Malesia”

SANDOKAN: LA TIGRE DEL VOMERO

In un articolo del 21 giugno del 1980 scritto da Vittorio Paliotti su ‘Il Mattino’, Sandokan figura addirittura come la ‘Tigre del Vomero’ (come si vede in basso a destra nell’edizione del quotidiano presente nell’archivio storico).

La spiegazione è semplice e per comprenderla bisogna fare un passo indietro e spiegare cosa leghi Salgari con la città di Napoli. Ben 21 suoi romanzi sono illustrati da Alberto della Valle, 15 invece da Gennaro Amato (o D’Amato), entrambi napoletani. Della Valle nasce nella città partenopea nel 1851, è il figlio del colonnello dell’esercito borbonico Francesco Della Valle e di Elisabetta Vaglieco ma rifiuta la carriera militare per dedicarsi all’arte. Diventa così un pittore, illustratore e fotografo. L’incontro fortuito con Salgari gli cambiò la vita, come si legge su ‘La Letteratura dimenticata’:

Il cognato Eduardo Matania lo introduce alla pittura e lo presenta all’editore Treves, per il quale A. Della Valle inizia la collaborazione a L’Illustrazione Italiana nel 1880. Nel 1898 si trasferisce poi a Genova, dove già era il conterraneo Gennaro Amato. L’editore Donath, che si avvaleva di Pipein Gamba, incarica di alcune copertine anche i due amici Amato e Della Valle, dato che Gamba non ce la faceva a realizzare l’immensa mole di lavoro salgariano. Tutti e tre sono buoni amici. Della Valle è a Genova proprio quando Salgari stesso si trasferisce a Sampierdarena. I due si conoscono e insieme conferiscono sull’impostazione delle copertine, avvalendosi anche della nuova tecnica fotografica. I due infatti approntano la scena che hanno in mente facendo travestire dei modelli, spesso i figli dello stesso Salgari, o lo stesso Della Valle, e in seguito il pittore trae la scena per l’illustrazione copiando “dal vero” la fotografia.

Della Valle non solo sistema le scene e le pose, ma fotografa, sviluppa e stampa da sè. Della Valle si ispira anche a figurazioni preesistenti, prendendo spunto da vecchie illustrazioni che fanno al caso suo. Spesso Della Valle esegue le copertine e Gennaro Amato, o Pipein Gamba, gli interni. Questo felice lavoro comunitario termina quando Salgari rescinde il contratto con Donath e passa alla Bemporad”.

Della Valle infatti travestiva i suoi familiari e amici, li fotografava per poi realizzare schizzi che comparivano sulle copertine di Salgari. Il luogo preferito, data la sede dello studio fotografico al Vomero (via Kerbaker) era appunto la Floridiana. Il parco del Vomero poteva essere la location perfetta per ambientare i personaggi dei romanzi dello scrittore veronese. Uno di questi, Yanez, avrebbe proprio le sembianze di Della Valle che, nella vita reale come Salgari si tolse la vita dopo la perdita dell’amata moglie.

Inoltre l’ultima intervista prima della morte di Salgari fu rilasciata al giornalista Casulli e pubblicata sul Don Marzio di Napoli. Qui la moglie di Salgari ammise che Yanez fosse suo marito.

D’Amato, l’altro illustratore di Salgari, era anche lui napoletano nato nel 1857.

“Per le case editrici Donath, Sonzogno, Bemporad illustra i testi degli scrittori più noti del tempo, e per Salgari dà vita e fattezze al personaggio di Sandokan. Gennaro Amato, insieme con Pipein Gamba e Alberto Della Valle, sarà uno dei maggiori illustratori salgariani. Anzi, come dice Antonio Faeti: “le sue figure appaiono più decise, rilevate e incattivite rispetto a quelle di qualunque altro illustratore salgariano”.

Salgari scrisse i suoi romanzi descrivendo dettagliatamente luoghi e fauna senza viaggiare. La Tigre della Malesia quindi era in realtà la Tigre del Vomero.


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