Presepe a Palazzo Reale, in mostra 354 pezzi di fine ‘700: gli orari di visita

Presepe Palazzo Reale


Presepe Palazzo Reale. Appartenuto al Banco di Napoli è composto da 354 pezzi realizzati tra fine Settecento e inizio Ottocento. Da oggi 20 dicembre sarà allestito in una saletta dedicata nell’Ambulacro.

È stato inaugurato questa mattina il nuovo allestimento, in una saletta dedicata, al termine del percorso di visita dell’Appartamento Storico, il Presepe napoletano del Banco di Napoli ora appartenente alle collezioni di Intesa Sanpaolo ed esposto dal 1998 nella Cappella del Palazzo Reale.

Realizzato da celebri artisti del tempo, tra cui Giuseppe Sanmartino, l’autore del celebre Cristo Velato, e Francesco Celebrano, è composto da più di 210 tra pastori e personaggi, oltre agli animali e a ben 144 accessori, ed è tra le più ricche rappresentazioni dell’arte presepiale del ’700 napoletano.

Presepe Palazzo Reale: inaugurato oggi

Lo spostamento del Presepe in questa sala, più raccolta rispetto alla Cappella Reale – afferma il direttore del Palazzo Mario Epifaniconsente un’esperienza più intima e contemplativa, come merita quest’opera straordinaria. La meraviglia che il presepe suscita è testimoniata ogni giorno dai nostri visitatori e il riallestimento in occasione del Natale rappresenta un regalo per i turisti e i cittadini”.

Il presepe fu allestito per la prima volta nel dicembre 1987, per volontà del direttore generale del Banco di Napoli prof. Ferdinando Ventriglia, per essere esposto in occasione delle festività natalizie nella nuova sede dell’istituto a New York, assemblando diverse figure appartenute ad alcuni tra i più grandi collezionisti napoletani.

In seguito fu esposto a Palazzo Piacentini, nella sede napoletana della banca in via Toledo, fino al 1998, quando fu concesso in deposito alla Soprintendenza e sistemato nella Cappella del Palazzo Reale di Napoli.

Antonio Denunzio, vicedirettore delle Gallerie d’Italia-Napoli, dichiara: “Questo meraviglioso esempio di arte presepiale, in passato custodito in quella che è l’attuale sede delle Gallerie d’Italia di Napoli, ha ora a Palazzo Reale un nuovo allestimento ancora più suggestivo che ci consente di valorizzare ulteriormente la bellezza di un’opera che appartiene alla collezione della Banca ma che è soprattutto parte del patrimonio identitario della città di Napoli”.

Sono stati necessari circa due mesi per smontare il presepe, catalogarlo e rimontarlo nell’apposito spazio dedicato, in una saletta che affaccia sull’Ambulacro, dove sarà visibile nei normali orari di visita del museo. L’allestimento è stato curato da Marisa Piccoli Catello che fu incaricata già nel 1987 di acquistare i pastori per creare questo presepe di straordinario valore.

Quando nel mese di giugno mi è stata comunicata l’intenzione di spostare il presepe, con i miei figli Silvana e Bruno e mia sorella Annamaria abbiamo capito subito che sarebbe stato un lavoro emozionante, un ritorno al passato – racconta la collezionista – Questo ci ha consentito di rivedere da vicino i bellissimi pastori presenti in questo grande presepe, tutti di grande pregio, opera dei più illustri scultori del ‘700 e ‘800”. Il progetto è stato curato dall’architetto Lucia Anna Iovieno.

Info utili

Orario: 9.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00, chiuso il mercoledì)

Ingresso: incluso nel biglietto dell’Appartamento Storico intero euro 10,00/ridotto euro 2,00

Info: www.palazzorealedinapoli.org

Presentazione apertura nuova collocazione presepe palazzo reale

La storia

Considerato uno dei migliori esempi di arte presepiale napoletana, il presepe del Banco di Napoli, oggi Intesa Sanpaolo è formato da 354 pezzi (210 tra pastori e animali e 144 accessori) prodotti da diversi scultori operanti a Napoli tra Settecento e Ottocento, tra cui Giuseppe Sammartino (l’autore del Cristo velato della Cappella Sansevero), Angelo e Francesco Viva, Salvatore Di Franco, Francesco e Camillo Celebrano, Lorenzo Mosca, Matteo Bottigliero, Francesco Cappiello e Giuseppe Gori.

Nel XVIII secolo il presepe napoletano subì una notevole evoluzione, grazie alla sua diffusione nelle abitazioni private, non più solo all’interno delle chiese. Da manifestazione solennemente sacra, divenne quindi espressione prevalentemente artistica, rappresentando – soprattutto per i nobili e i ricchi borghesi – un passatempo al quale dedicare buona parte dell’anno.

Nella grande scenografia di questo presepe sono raffigurate tutte le scene tipiche della tradizione pastorica napoletana, dove si mescolano e si fondono armoniosamente razze mediterranee ed orientali, scene religiose ed episodi di vita quotidiana, trasmettendoci la gioiosità e vivacità del popolo napoletano e la spiritualità della Natività, che resta il fulcro di tutta l’opera.
Sullo sfondo è raffigurato un paesaggio rupestre, dove si intravede il Vesuvio.

La scena della Natività, sul lato sinistro, come da tradizione, è posta tra i ruderi di un tempio romano a simboleggiare la vittoria del Cristianesimo sul paganesimo; più a sinistra troviamo la corte dei Magi con al seguito orientali, levantini, mongoli, africani e animali esotici come il cammello e sul retro un elefante, aggiunto successivamente quale rimando al famoso episodio dello sbarco di un elefante indiano a Napoli, dono del sultano turco al re Carlo di Borbone nel 1738.

Gli autori e i personaggi

Questo presepe offre l’opportunità di mostrare statuine di tipologia settecentesca, attribuite ad artisti affermati e a “figurari” come Lorenzo Mosca, che si dedicavano a questa attività per hobby, raggiungendo comunque un alto grado di specializzazione, favorita anche dall’interesse che i reali Borbone avevano verso questo genere.

A testimoniare l’arte di importanti scultori del tempo restano, all’interno di questo presepe, molte figure: l’Orientale con lo zucchetto, posto davanti la scena della fontana, che impugna un secchio di rame e, al centro della composizione, in primo piano, il personaggio con il mantello che regge un cesto con le “fuscelle” (cestini di vimini) per la ricotta, con al suo fianco il ragazzo che porta formaggi, sono attribuiti a Matteo Bottigliero (1684-1757).

L’artista, di cui si ricorda la scena di Cristo e la Samaritana nel chiostro di San Gregorio Armeno, si formò molto giovane nella bottega di Lorenzo Vaccaro, lavorando fianco a fianco con il figlio di questi, Domenico Antonio, insieme al quale fu il maggior ritrattista del primo Settecento. Lasciò importanti opere anche in argento: nel 1717 realizzò infatti, un modello per la statua di Sant’Andrea che si conserva nel Tesoro della Cattedrale di Amalfi.

Nella zona della taverna, la venditrice di castagne, il villano nobile che suona un mandolino in tartaruga e madreperla, o, a sinistra della composizione generale, l’arabo che cavalca il cammello sono attribuiti, insieme ad altre figure, a Lorenzo Mosca (…1789). Questi, ricordato come plastificatore e regista di presepi da G. Borrelli, era ufficiale dell’archivio della Segreteria di Stato della marina, che da dilettante quale lo descrive

Pietro Napoli Signorelli, divenne scultore attraverso la costruzione degli stessi. Egli modellò spesso intere famiglie con costumi tradizionali del regno. Si conoscono pezzi con la sua firma sulla parattella o pettiglia, prima della coloritura delle testine. Ad un suo allievo conosciuto come Genzano che firma con la sigla DPG, è da riferire, insieme ad alcuni angeli, la dolce Samaritana che risale lo scoglio verso la scena della Natività.

L’anziano re mago Baldassarre, con il mantello verde, inginocchiato davanti al Bambino e l’angelo dai capelli corvini, a sinistra della Gloria, che libra nell’aria il turibolo in argento cesellato, è firmato da Francesco Viva, artista ricordato anche come architetto ed allestitore di presepi.

La donna col corallo è di Sanmartino

Ritenuta invece del più grande scultore napoletano del Settecento, Giuseppe Sanmartino (1720-1793), autore del Cristo velato nella cappella Sansevero, la donna ornata di orecchini e collana di corallo, seduta sotto il pergolato della Taverna con in mano un bicchiere, insieme alle fanciulle ricche – la calabrese e la napoletana – poste in primo piano con il villano nobile, nella scena “La castagnara” che si svolge davanti all’osteria.

Di seguaci del Sanmartino sono da ritenere altri pastori: la giovane donna dall’aria sorpresa, all’ingresso della cucina, con corpetto e gonna in armesino rosso, il mercante arabo, posto vicino la scena della fontana e il ragazzo rustico addormentato, interamente di terracotta policroma, sono attribuiti ad Angelo Viva (1748-1837), prolifero artista influenzato dal gusto neoclassico, di cui si ricordano le statue delle Muse in cartapesta poste nel teatrino di corte; a Salvatore Franco (fine XVIII – inizio XIX) rimanda il “Circasso”, orientale mongolo con lo zucchetto di seta gialla, posto davanti alla scena della fontana, e l’anziano arrotino al lavoro, figure da cui traspare una intensa introspezione psicologica e una fisionomia fortemente caratterizzata.

A Giuseppe Gori (fine XVIII -inizio XIX), l’allievo più vicino al maestro nello stile, di cui esalta la finezza dei particolari e i colori delicati, si dà il personaggio maschile seduto al tavolo della Taverna accanto al violinista, il paggetto con il vassoio e lo spadino d’argento, che risale sulla sinistra la montagna per giungere alla Natività e molti altri ragazzi nobili o rustici. Le sue sculture, nel passaggio dal gusto barocco a quello neoclassico, presentano una ricchezza di particolari, rifiniture accurate e colori delicati.

A Michele Trillocco (fine XVIII – inizi XIX), citato anch’esso dalle fonti come seguace del Sanmartino, di cui imita la realizzazione a ciocche dei capelli, si deve un Angelo dalla tunica in seta gialla e rosa staccato dagli altri e un Orientale con pugnale in osso nella cintura, proveniente dalla raccolta Perrone.

A Nicola Ingaldo facente parte di una famiglia impegnata nella realizzazione di presepi, ma anche nella Real Fabbrica di Porcellana, sono da attribuire varie figure fra cui la donna al centro della composizione, ai piedi della montagna dove è posta la Natività. Questa presenta un corpetto in armesino blu con galloni d’oro, la gonna in seta verde e sopra un grembiule in tela bianca, uno scialle sulle spalle e un fazzoletto in testa guarniti di trine.

Francesco Celebrano (1729-1814), pittore e scultore noto in particolar modo per le sue opere scultoree per la Cappella Sansevero, modellatore anche di porcellane, nel 1781 venne sostituito da Filippo Tagliolini nella direzione della Real Fabbrica ma continuò ad avere incarichi di prestigio, come pittore di camera. Nell’800 gli fu chiesto dal Principe Ereditario di acquistare pastori e per volere della Real Casa allestì un presepe a Palermo. A questo artista sono stati attribuiti fra l’altro, il Mezzocarattere con la giacca in tela azzurra, posto a destra della composizione con accanto un cavallo.

A suo figlio Camillo (Fine XVIII – inizi XIX) modellatore della Real Fabbrica di Porcellane dal 1780 fino a quando fu soppressa nel 1806, che lavorò nella bottega paterna modellando intere famiglie contadine, si attribuisce il gruppo con il villano nobile e la donna sul mulo, posti sullo sfondo a sinistra della taverna, e la donna in costume calabrese (Cosentina) in primo piano nella zona centrale, con in braccio un fascio di verdura di terracotta attribuito a Giuseppe De Luca. La donna in costume calabrese (Nicastro) che allatta il suo piccolo sulla destra, proveniente dalla raccolta di Eugenio Catello, e il venditore di pesce sono di Francesco Cappiello o Cappello (Fine XVIII – inizi XIX), ricordato dalle fonti fra gli architetti realizzatori di presepi.

Molti pastori sono di autori non identificati

Molti altri pastori di questa collezione risultano di autori non identificati; gli animali, realizzati in legno o terracotta, sono attribuiti in parte ai Vassallo (secolo XVIII), in parte a Francesco di Nardo e a Francesco Gallo (Fine XVIII – inizi XIX), mentre molte delle verdure sono di Giuseppe De Luca (Fine XVIII – inizi XIX).

Non manca la zingarella attribuita a Giovan Battista Polidoro, dalla camicia in tela a maniche lunghe, la gonna e il corpetto ricamati, un grembiule bordato, uno scialle di tela sulle spalle e un fazzoletto a piccoli quadri sulla testa. L’artista nel 1789 viene segnalato all’interno della Real Fabbrica di Porcellane di Napoli e nel 1801 ricevette un compenso per aver dipinto settantacinque figurine su un servizio da dessert della Villa Reale.

In questa splendida raccolta si rivive il momento più felice dell’arte presepiale a Napoli e si riflette, in maniera raffinata, lo spirito del tempo animato da una vena più laica e profana anche nella rappresentazione religiosa.

Il presepe per tutto il secolo fino ai primi decenni dell’Ottocento, risulta una delle espressioni più vive e aderenti alla realtà, rispetto ad altre forme artistiche del tempo. Ricalca uno spaccato della società del tempo, in cui l’orientalismo spesso risponde a sollecitazioni letterali e teatrali, e la Nascita e l’Annuncio sono le uniche scene a cui si delega il carattere devozionale in una posizione di secondo piano. Il racconto evangelico viene sommerso dai racconti della vita quotidiana, legata ai mestieri e alle figure di varia umanità fra cui anche nobili, orientali e altri asiatici al seguito, a volte, del corteo dei Magi.

Questo presepe del Banco di Napoli i cui componenti si trovano disposti sullo “scoglio” o “masso” ricreando uno spaccato di varia umanità può riportare alla mente un altro immenso presepe edificato in alcuni saloni del Palazzo Reale di Napoli, per volontà del re Carlo III di Borbone, che fu smembrato dopo il 1840 e di cui alcuni pezzi sono conservati nel Museo di Capodimonte.


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