L’Accademia degli Investiganti: Napoli tra scienza e ragione


La cultura filosofica napoletana non si spegne nel Seicento ma ritrova nuovo vigore grazie alla diffusione delle teorie cartesiane e alla lotta contro l’aristotelismo e contro ogni forma di autorità. L’immagine di una Napoli secentesca decadente, sporca, avvizzita, ignorante non trova riscontro se si tiene conto dello spessore di alcune personalità che qui si formarono. La vivacità della vita culturale napoletana, in questo periodo storico, è ampiamente documentata. Nel Seicento c’è stato un pullulare di scuole private, culminate nella Biblioteca dell’avvocato Valletta che fu tra i fondatori dell’Accademia degli Investiganti, che determinò un fortissimo rinnovamento culturale del meridione d’Italia. Figura non molto nota quella del Valletta, che pure è stata di grande spicco, richiamando intorno a sè i migliori ingegni del tempo. Filantropo e letterato, nasceva da una famiglia molto povera, che riuscì poi ad arricchirsi. Spese il suo tempo ed i suoi averi nell’allestimento di una ricchissima Biblioteca, che oggi costituisce un imponente fondo librario della Biblioteca dei Girolamini, composta da circa 18.000 volumi. La biblioteca dei Girolamini Pietro Valletta

Il Valletta volle che la cultura classica fosse trasmessa ai giovani, per questo motivo istituì presso l’Università, a sue spese, una cattedra di greco. Tra le stanze della sua biblioteca si formò un’altra grande personalità filosofica napoletana: Giambattista Vico, di cui parleremo ampiamente in seguito. Pur essendo privata, la sua amplissima collezione libraria, divenne un’istituzione in città. Fu frequentata da intellettuali napoletani e stranieri: Pietro Giannone, Shaftesbury, Mabillon, Germain, Burnet, D’Orville. Nella sua Istoria Filosofica Valletta rilegge, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, la filosofia greca, difendendo la filosofia moderna contro l’aristotelismo. Esalta tutta la tradizione di pensiero che va dai primi filosofi naturalisti ad Eraclito, passando per Democrito sino a giungere a Platone. È in questo periodo che penetrano a Napoli le idee di Cartesio, grazie all’opera di Tommaso Cornelio, professore di matematica e filosofia. Personaggio illustre della cultura meridionale del Seicento, è disposto a difendere, ad ogni prezzo, la scienza moderna contro ogni forma di conservatorismo. Calabrese, come Tommaso Campanella, farà di Napoli il centro della sua speculazione filosofica e della sua azione “politica”, oserei dire. Pietro Giannone

Si deve a Cornelio la diffusione a Napoli delle nuove idee scientifiche e l’affrancamento da una certa tradizione di pensiero consumata e spenta: non si metteva in discussione solo Aristotele, ma soprattutto gli aristotelici. Scrive di lui il Mazzarella: “Ritornato in Napoli il primo ei fu a recarvi notizia della filosofia di Renato Des-Cartes, ed a professarne e propagarne fra noi i principii; impugnando cosi le arguzie scolastiche ed aprendo il campo della libera maniera di filosofare”. La sua azione politica si esplica con la fondazione dell’Accademia degli Investiganti, nel 1650, insieme a Francesco D’Andrea, Niccolò Amenta, Marzio Carafa, Leonardo di Capua e Luca Antonio Porzio. Fu quella dell’Accademia un’esperienza intensissima, che culminò in una vera e propria lotta contro la cultura imperante (aristotelica e scolastica), considerata retriva e superata. Ecco che cosa scrive Pietro Giannone: ” L’Accademia istituita a Napoli sotto il nome degli Investiganti tolse la servitù infin allora comunemente sofferta, di giurare in verba magistri, e rendette più liberi coloro che vi si arrolavano di filosofare, postergata la Scolastica, secondo il dettame della ragione”. Era dunque un inno alla filosofia libera, moderna, antiaristotelica (allora identificata con la Scolastica) e cartesiana. Fu in questo ricchissimo e fervido ambiente culturale che si formò Giambattista Vico di cui vi parleremo nel prossimo appuntamento.

Bibliografia
Giannone Pietro, Istoria civile del Regno di Napoli, Palmyra, 1763, vol IV.
Parise Oreste, Il matematico che zittì maledici ed invidiosi, Voce ai Giovani del 27 luglio 2013.
Tedeschi Mario, Il Mezzogiorno a Napoli nel Seicento italiano, Rubettino, 2003.
www.treccani.it


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