Diceva ‘a nonna. Le frasi più comuni delle nonne napoletane

Foto: Margherita Vitagliano


Le nonne sono le figure più importanti per un bambino: materne, pazienti e ricche di una saggezza che solo gli anni possono dare. Spesso invadenti con le loro apprensioni ed i loro consigli ci saranno sempre, nel bene e nel male, per i propri nipoti. La maggior parte dei detti e delle espressioni napoletane che impariamo viene proprio dalle nostre nonne che, puntualmente, sapevano riassumere rassicurazioni, consigli, modelli di vita con poche e valide parole. Spesso risultano anche divertenti nel loro modesto tentativo di venire incontro ai bisogni di ragazzini di due generazioni avanti.

Chi, ad esempio, non ha mai ricevuto la famosa cinquantamilalire “pe t’ accattà ‘o gelato”? E chi con quella cinquantamilalire ha davvero comprato un gelato? Tutti sanno che quei soldi “guadagnati” con un pranzo dalla nonna venivano investiti in figurine o giochi con amici. Tutti i ragazzi, del resto, sono “cape toste” e tutti si sono sentiti apostrofare, almeno una volta, dalla nonna con un:“A lavà ‘a capa ô ciuccio se perde acqua, tiempo e sapone” (a lavare la testa all’asino si perde acqua, tempo e sapone), un modo per dire che cercare di educare dei piccoli asini testardi è una perdita di tempo.

Eppure le nonne sono famose per la pazienza e quindi vale il loro detto:“dicette ‘o pappece nfaccia â noce, damme tiempo ca te spertoso” (disse la pulce alla noce, dammi il tempo che ti buco). Così come la pulce avrebbe bucato il guscio duro di una noce, così loro sarebbero riuscite a infilare qualcosa nelle teste vuote. Allora si che, i ragazzi più grandi, al primo traguardo scolastico importante, potevano essere definiti delle “capa ‘e Musullino'” (testa come Mussolini). Probabilmente, nel periodo della dittatura, vissuto dalle nonne, Mussolini doveva essere considerato una testa quadrata… Nonostante questo interessamento per gli studi, guai a non dare attenzione a una nonna fingendo di tenere la testa china sui libri, si correrebbe il rischio di sentire un:“sta sturianne ‘a cacata ro voja” (sta studiando gli escrementi del bue): un modo dispregiativo per sminuire lo studio fatto dal malcapitato.

Le nonne sono interessate sia alla mente, che all’anima degli ingrati nipoti. “Fatti il segno della croce!” viene tutt’oggi urlato per le rampe di scale ogni volta che un giovane esce di casa. Non c’è nonna più offesa di quella che dice stizzita:“vatti a confessare”, lì si che bisogna chiedere perdono… al prete? No, alla nonna. E quando tutto va male, quando un esame farà paura, la nonna “appiccerà un cero a Santa Rita”, la protettrice delle cose impossibili.

Le nonne, tuttavia, non sono le mamme dei nipoti e possono concedersi molte leggerezze approfittando di non poter essere contraddette per il principio di anzianità. Tutte le mamme preoccupate per una febbre del figlio si sentiranno dire dalla nonna:“chesta è freva ‘e criscenza” (questa è febbre di crescita), i medici di tutto il mondo continuano a domandarsi se questa “febbre di crescita” sia reale, o un’invenzione delle nonne. Per non parlare dei boccali di vino offerti a bambini, anche molto piccoli, con la scusa “‘o vino fa sango” (il vino fa sangue), scientificamente è anche corretto, ma da qui a sostituire la il biberon col fiasco il passo è molto lungo.


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