Belisario Corenzio, prepotente “pittore ammirabile”


Belisario Corenzio, prepotente “pittore ammirabile”. Così lo storiografo napoletano Bernardo De Dominici loda Belisario Corenzio, pittore di origine greca attivo nell’Italia centro meridionale tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. Se De Dominici tesse elogi alla produzione di Corenzio, fortemente ispirata all’arte toscana e manierista, non fa altrettanto per quel che riguarda la sua vita privata. Molti biografi dell’artista, infatti, lo citano come un subdolo e violento, pronto a ricorrere anche alle minacce o all’omicidio pur di garantirsi i lavori più prestigiosi.

In effetti, documenti attestano che Guido Reni era stato aggredito, ferito e costretto alla fuga, e che Domenichino ricevette una serie di lettere minatorie. Che sia stato Corenzio il mandante di queste e altre minacce è difficile stabilirlo. Tuttavia l’enorme concorrenza di pittori nella Napoli cinque – seicentesca e lo straordinario numero di contratti che Corenzio aveva firmato lasciano pensare che, per accaparrarsi i lavori, ogni mezzo diventasse lecito.

Tomba Belisario

Molti uomini illustri e membri della nobiltà erano soliti farsi seppellire in Santi Severino e Sossio, sia nelle cappelle laterali che al di sotto del pavimento della navata. Tra le lapidi, ce n’è una inscritta in greco e latino: è la tomba di Belisario Corenzio. Prendendo spunto da questa sepoltura, De Dominici imbastisce un nuovo racconto: nel 1643, ormai ottantenne, Belisario, indispettito da certi commenti poco gradevoli sui suoi affreschi nella chiesa, salì sui ponteggi della chiesa per ridipingere alcune figure. Per fatalità il meschino perse l’equilibrio e precipitò, morendo. La storia è ormai considerata falsa, poiché alcuni documenti ritrovati attestano che nel 1646 il pittore era ancora vivo.

Questo articolo fa parte della rubrica sulle Chiese di Napoli .”Napoli, la città delle 500 cupole”.

 

Fotografie di Francesca Perna


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