Vincenzo Tecchio, il napoletano che controllò la stampa per servire il Fascismo


Per anni il suo nome, a Napoli, è stato ricordato attraverso un piazzale a lui dedicato, antistante lo stadio San Paolo. Fino a quando il sindaco Luigi de Magistris – in occasione della Giornata della Memoria 2018ha voluto dedicare ad altri la via cittadina e così dimenticare una brutta pagina di storia nazionale e locale. Già, perché Vincenzo Tecchio era uomo del Fascismo, che ha servito attraverso la politica, ma anche mediante i giornali.

Nato a Napoli il 26 aprile 1895 (e mortovi il 9 settembre 1953), diviene avvocato grazie all’acquisizione della Laurea in Giurisprudenza, ma alla carriera forense preferisce ben presto quella politica. Infatti, svolge il ruolo di deputato per ben tre legislature consecutive, dalla ventottesima alla trentesima. Siamo negli anni che vanno dal 1929 al 1943. Soprattutto siamo negli anni dell’ascesa e poi della caduta del Fascismo e di Benito Mussolini.

Sotto l’egida del Duce, Vincenzo Tecchio è prima alla Camera del Regno (dal 1929 al 1939) e poi presso la Camera dei Fasci e delle Corporazioni (dal 1939 al 1943). In quest’ultimo quinquennio, per l’esattezza dal 2 maggio 1934 al 2 marzo 1939, Tecchio presiede la Commissione per l’esame dei bilanci e dei rendiconti consuntivi, venendo ad essere, dunque, il braccio economico della dittatura mussoliniana.

Ma oltre all’impegno propriamente politico, Vincenzo Tecchio è salito agli onori (o meglio, orrori) della cronaca per aver contribuito – alla guida di un gruppo di tecnici – alla costruzione della Mostra d’Oltremare, sorta dopo l’abbattimento delle abitazioni dell’allora rione Castellana; e ancor di più per aver controllato la stampa napoletana grazie all’acquisizione del quotidiano “Roma” da parte delle società editrice Il Mezzogiorno, di cui era presidente.


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