Carmine Crocco è il nostro simbolo di resistenza: il Generale dei Briganti


Carmine Crocco “Donatelli” è il nostro simbolo di resistenza, con tutte le conseguenze positive e negative che ne derivano. Nato a Rionero in Vulture nel 1830, di umilissime origini, Crocco rimase orfano appena adolescente, a causa di una lite familiare con un signorotto locale, che ebbe la meglio. Fu costretto a trasferirsi in Puglia, dove lavorò come bracciante nella speranza di poter tornare presto nel suo paese d’origine. Durante questo periodo buio della sua vita, caratterizzato da vessazioni e povertà, fu assoldato nell’esercito Borbonico, servendo anche a Gaeta, prima di disertarlo a seguito di una lite con un commilitone.

Mai realmente legato alla causa borbonica, Crocco si cacciò nei guai non appena fu in grado di tornare al proprio paese. Ricercato per i suoi crimini, accettò di assoldarsi all’esercito Garibaldino che in quel periodo stava conquistando il meridione a seguito dell’Impresa dei Mille. Crocco prese parte alla battaglia del Volturno e apprese le prime tattiche di battaglia, che sfrutterà diversi anni dopo.

Tornato al suo paese tentò di ottenere un’amnistia a seguito del suo servizio per il neonato Stato Italiano, ma così non fu. Venne rilasciato un mandato d’arresto per lui, e Crocco, che nel frattempo aveva iniziato a farsi trascinare dai primi moti popolari di coloro che lamentavano la nuova condizione sociale dopo la caduta dei Borbone, si decise definitivamente a passare dalla parte di Francesco II e la causa dei Borbone, verso i quali, in passato, non aveva mai avuto una vera simpatia.

Si pose al comando di un largo gruppo di volontari, disperati, vessati dalla situazione economica cui versava il Mezzogiorno, che accettarono di seguirlo. In breve divenne il terrore dell’esercito sabaudo, popolarissimo tra il ceto basso del Sud Italia, molto meno tra quello borghese, puntualmente depredato dalle sue bande. Come altri Briganti prima di lui ebbe a lungo una “dualità” morale, da una parte ‘robin hood’ nostrano, dall’altra, ladro e assassino; Se è vero che egli rischiò la vita per la causa legittimista, è indubbio che con le sue azioni -volente o nolente- cosparse di sangue il Sud, mettendo a ferro e fuoco interi villaggi.

La sua figura è il lascito più significativo della lotta postunitaria, che tutto può dirsi purchè ‘regolare’. Le sue azioni di guerriglia misero in serio pericolo la stabilità del nuovo regno. Astuto, abilissimo nella guerriglia, Crocco fu più volte definito il “Generale dei Briganti”, con tutto ciò che consegue a questo titolo, compresi i crimini e gli omicidi di cui certamente fu responsabile. E’ difficile dare un profilo oggettivo ad una figura tanto complessa e sfaccettata, che va analizzata nel suo specifico periodo storico. Di lui si può dare immagine romantica di “simbolo di resistenza” e lotta ai privilegi della borghesia, ma non si può prescindere dal vederlo, del resto, anche come un ladro. Carmine Crocco, comunque, che sia un eroe o un brigante, rimane la figura simbolo del legittimismo borbonico postunitario.

Fonti

  • Giordano Bruno Guerri, Il Sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del Brigantaggio
  • Marc Monnier, Notizie storiche documentate sul brigantaggio nelle provincie napoletane
  • Ettore Cinnella, Carmine Crocco. Un brigante nella grande storia


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