“Cavallo di ritorno”: cos’è l’estorsione per cui è stato ucciso il carabiniere


La vicenda di Mario Rega Cerciello, il carabiniere di 35 anni, che questa notte è stato ucciso a Roma, nel quartiere Prati, con otto coltellate ha scaturito rabbia e commozione in tutta Italia. Somma Vesuviana, il suo paese di origine, si stringe attorno alla famiglia e a quella che da solo un mese era diventata sua moglie.
Il giovane carabiniere ha trovato la morte a causa di un “cavallo di ritorno”.
Ma che cos’è un “cavallo di ritorno”?

Probabilmente molti lo sapranno. Per chi non lo sapesse, è un termine gergale utilizzato, soprattutto in Italia meridionale, per descrivere una pratica illegale.
Originariamente, l’espressione “cavallo di ritorno” stava a designare il cavallo da nolo, cioè quello preso in affitto da chi non possedeva una carrozza né un proprio animale da soma e aveva necessità di raggiungere un posto. Il noleggio successivo sarebbe costato meno, dato che il cavallo di ritorno sarebbe stato più stanco e lento.

Oggi, tale locuzione viene utilizzata per parlare del riscatto che chi ha subito una rapina o un furto paga al ladro per riavere l’oggetto che gli è stato rubato. Si tratta di dare soldi in cambio della restituzione di qualcosa che è stato rubato. È a tutti gli effetti un’estorsione esercitata dal ladro.

Una pratica terribile che lede la libertà e i diritti di ognuno: quelli di chi la riceve, di chi ne viene sfiorato di riflesso e di chi, come Mario, cerca di combatterla. Lui che si era sposato solo da un mese, che progettava una vita, magari cercava di costruirsi dei piccoli sogni giorno dopo giorno, ucciso dall’illegalità.
Quando si indossa la divisa si prende in considerazione il pericolo, la possibilità della caduta, ma se ciò avviene non si è comunque e mai pronti. Questo perché in quella divisa c’era un uomo con le sue responsabilità, ma anche paure.


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